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Myanmar

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    Yangon, la capitale

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    Prima di scrivere e leggere di Rangoon bisognerebbe documentarsi. Guardare almeno il recente film sulla leader birmana Han San Suu Kyi (The Lady) e il documentario Burma VJ, sui giornalisti eroi che anche in momenti in cui governo tappava loro le bocche, riuscivano a far trapelare al mondo intero cosa stesse (più o meno) succedendo in Birmania.

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    Lake Inle

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    C’è una cosa che io e Gianni abbiamo sempre imposto: la critica più cruda e più sincera io sulle sue foto e lui sui miei post. Nessun buonismo, nessun “dai, carino”. E così abbiamo sempre riso chiedendoci se anche Steve McCurry avesse una compagna al suo fianco che gli dice “bleah…”, “schifo…”, “iabò! Ma che è?”, “ma l’hai fatta tu o l’hai rubata su instagram?” o insulti simili (con tutta probabilità no, ma mi piace sempre immaginarlo). Read more

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    Consigli di viaggio, Myanmar

    Verso Lake Inle. Un lungo, lunghissimo viaggio.

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    A Lake Inle ci si arriva per via aerea (ma è piuttosto caro) o via terra (ad un prezzo decisamente basso), la scelta cade su uno dei due a seconda di diverse esigenze. Tempo, soldi, e soprattutto pazienza. Sì perché il fattore principale da prendere in considerazione se si viaggia in autobus è senza ombra di dubbio la totale e assoluta calma che si deve mantenere per viaggiare 8 ore con alcune decine di persone di troppo sull’autobus.

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    Consigli di viaggio, Myanmar

    Bagan, primo giorno nella zona archeologica

     

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    Mi rileggo. Alt. Un attimo. Guardo i post, i video, sono allegra, felice. Racconto la mia Birmania, non LA Birmania. La prendiamo alla leggera, ridiamo delle loro stranezze, mal digeriamo il loro cibo (alcune cose, e proprio nel vero senso della parola!), trattiamo i prezzi bassi, fotografiamo mani e occhi segnati dal sole.

    Ieri sera abbiamo guardato il documentario Burma VJ, che parla delle rivolte che ci sono state in Birmania nel 2007, e la chiusura totale al mondo esterno che il governo militare ha imposto e questo gruppo di reporter “improvvisati” , la Democratic Voice of Burma, che filma e fa uscire notizie per canali alternativi. Rischiando la pelle. E non per modo di dire. Nel 2007, mentre io ero impegnata a non arrabbiarmi troppo con le stupide concorrenti di Miss Italia che saltellavano qua e là dentro al Berzieri, in Birmania i monaci venivano arrestati perchè cuore di una rivolta contro un governo oppressivo, dittatoriale. Quanto sappiamo? Poco. Quanto sapevo io? Imbarazzantemente poco.

    Ne parlo con leggerezza perchè la bellezza di quei posti ti riempie il cuore, conoscerne la storia ti apre una ferita.

    Bagan è un sogno. Questa zona di templi era in gara per il mio viaggio da sola del 2012 ma poi il dito è caduto su Angkor, più facile, più accessibile, disarmante, diverso.

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    Siamo arrivati con un autobus scassatissimo (e decisamente zozzo) da Mandalay (costo 8,5$) che ci ha scaricati aNyaung U, il luogo un po’ più abitato e “vitale” per guest house e localini dove poter mangiare un po’ di tutto – local per turisti, e turistico per turisti… Le opzioni sono queste – ma noi abbiamo prenotato a New Bagan, un pochino più vicino ai siti archeologici.

    Nel momento esatto in cui abbiamo posato i piedi per terra siamo stati assaliti da i taxisti, mototaxisti, carretto taxisti… Come succede ogni volta gentilmente rifiutiamo e ci spostiamo un po’ più in là.

    Una delle poche cose sempre vere che ho imparato viaggiando è: non trattare il prezzo davanti a tutti e mentre tutti stanno sparando al rialzo… Spostati, al 99% c’è uno che ti sta aspettando, 10 passi più in là, che non ha voglia di stare in mezzo al casino e tratterà molto più facilmente.

    Prendiamo un carrettino per qualche dollaro e nonostante il cavallo mi facesse tenerezza all’idea di portare noi e i nostri bagagli, ci fa fare pure un giro con stop nei templi lungo la strada.

    L’autista dormicchia e noi ci godiamo i primi scorci dall’alto.

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    E’ come l’aspettavo, è come nelle cartoline… Probabilmente meglio. Sei lì, che annusi l’aria meno polverosa in cima al tempio el’emozione ti assale. Non importa che tu non sia buddhista, che non te ne freghi una mazza dei templi, che tu sia caduto da un’aereo che portava a Phuket o che tua nonna ti abbia costretto ad andarci. La bellezza è troppa, la vegetazione abbraccia le cime dei templi che spuntano come funghi nel sottobosco. E’ di una bellezza disarmante.

    E’ un’alba dell’anima… Bagan da lassù è bellissima.

    Col carretto arriviamo al Ruby True, l’albergo più accogliente del pianeta, e non sto esagerando.

    Il personale cordiale e disponibile, la proprietaria (si, una donna, pure bella) di una gentilezza sincera fuori dal comune. Lo dico? Mi ha fatto sentire un po’ la mancanza della mamma. Perchè davvero ti fa sentire bene, accolta, come a casa.

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    L’albergo è pulito e accogliente. Il prezzo buono. Mi fanno sempre ridere i ragazzi che ti accompagnano in camera e ti mostranocome funziona tutto: l’acqua calda e fredda, il televisore, la porta… Dai, sul serio abbiamo bisogno di istruzioni per la porta?!

    Molliamo tutto in camera e noleggiamo per il pomeriggio/sera le bici elettriche. Come ho già scritto su beroad.it, noleggiate queste. Davvero, le distanze e la fatica sarebbe veramente folle e totalmente insensata per risparmiare 4 o 5 dollari (il costo di un cappuccino e brioches a casa). Con quella ti siedi, giri la chiavetta, giri la manopolina e via. Ti senti un po’ come quei culoni che girano per i supermercati americani con quelle motorette elettriche col cestino davanti, ma anche qui vige la legge “tanto non mi conosce nessuno” e va bene così. Anche perchè ne girano un bel po’.20140116_144354

    Voliamo a velocità moderata (più di un tanto non tirano) verso uno dei templi, uno di quelli sul fiume, in cui l’acqua riflette i colorie di tramonti straordinari. Lawkananda Pagoda.

    Il paesaggio, i monaci che fanno da cornice e da sfondo fotografico di un tramonto fuori da tempo.

    No un attimo. Io faccio da sfondo alle loro foto.

    Momento imbarazzo. Mi sono ritrovata a fare la fotografata della situazione da una mandria di monaci con gli ormoni in circolo.

    Una cosa che non tutti sanno è che non tutti quelli che vedete con il vestitino rosso o arancione “sono monaci/fanno i monaci/han scelto di fare i monaci”: quasi tutti i ragazzi hanno un periodo più o meno lungo da trascorrere in un monastero come scuola di vita (o qualcosa di simile) e che evidentemente durante quel periodo la questione “le donne non possono toccare i monaci e viceversa) non sia proprio proprio valida. Nocciolo della questione?

    Mi sono ritrovata addosso un gruppo di 10/15 monaci che con il loro smartphone si facevano delle selfie con la straniera di turno.20140116_174137_Richtone(HDR)

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    Gruppi di due, gruppi di tre, da soli, da vicino, da lontano. Era una situazione surreale.

    Con le nostre biciclette elettriche travestite da motorini siamo corsi a mangiare qualcosa, e visto che le recensioni gli davano credito (nonostante fosse un posto un po’ per turisti), ci siamo fermati al Black Rose restaurant. Impraticabile. Davvero, una cosa indegna. Scegliamo un’insalata di fagioli di soia, un curry di verdure e la tadizionale insalata di foglie di the.

    Partendo dal curry che era uguale al minestrone di mia mamma con una cucchiaiata di curry sul fondo e l’insalata di foglie di theche era abbastanza buona (con le favette fritte e e le noccioline) parliamo dell’insalata di fagioli di soya. Cioè, arriva questo piatto di pappa marrone dalla consistenza dubbia. Mi avvicino titubante al piattino, assaggio con una punta della forchettina alla salsa… Molliccia, marrone. Ma i pezzi duri cosa sono? CI facciamo coraggio e inforchiamo una dose di quella pietanza. Cipolla cruda. Cipolla cruda ricoperta di pappa marrone. Ero basita. Di solito mangio qualsiasi cosa ma quello… Era troppo anche per me.1389874597386

    Ci siamo fermati in un negozietto, abbiamo comprato dei wafer che abbiamo mangiato con l’acqua.

    I migliori wafer della mia vita.

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    Consigli di viaggio, Myanmar

    Quattro secondi per innamorarmi del Myanmar

    1798862_10152693372733327_534253648_nHo lavorato per anni nei front office di grandi hotel e centri benessere, e ogni volta che instauravo una nuova relazione col cliente pensavo sempre ad una regola, che il mio capo ricevimento mi aveva insegnato praticamente subito.

    “Hai 4 secondi”.

    Telefonicamente, visivamente, con la comunicazione non verbale si hanno solo quattro miseri secondi per dare ad una persona l’impressione generale non solo di noi stessi ma anche di tutto l’ambiente circostante, del servizio nostro e non che seguirà dopo quei poveri quattro istanti.

    Per un paese decido di dargliene qualcuno di più, ma è inconscio, non è controllabile.

    Siamo in Birmania e… Beh, sono un po’ più di quattro secondi.

    L’aereo dell’Air Asia ci ha scaricato in questo aeroporto senza aerei, dove due autobus scassati ci hanno portato alle porte per il ritiro bagagli, finestrini assenti, niente aria condizionata.

    Grazie al cielo, cervicale, per un po’ sei salva.

    Controllo passaporti, ritirano il talloncino per l’entrata del paese doverosamente e minuziosamente compilato (porti armi droga o montagne di soldi? No, direi di no), possiamo riprenderci lo zaino.

    Devo scappare in bagno, come al solito.

    Nel bagno dell’aeroporto mi aprono la porta, anche quella proprio dove c’è la tazzetta.

    Cioè, l’han fatto in due! Due pettinatissime signore mi aprono la porta e aspettano con un sorriso che io faccia tutte le mie cosine nel loro water birmano.

    Mi accolgono all’uscita, indicandomi il lavandino (ma chi cavolo siete? Le maestre dell’asilo!?),

    una di queste prende del sapone, me lo spalma sulle mani, l’altra mi aspetta con un pezzo di carta igienica – e chi è stato nel sud est asiatico sa che è una pessima idea usarla – per asciugarmi le mie linde manine.

    Lavo e rilavo e sulle mani ho una patina strana, mi sento i palmi scartavetrati con sopra una patina.

    Sciacquo e mica si leva. Ci butto sopra la carta igienica che si sfrantuma in mille pezzettini.

    Scappo fuori prima che comincino purea pettinarmi i capelli o a farmi le coccoline.

    Mi annuso le mani.

    Detersivo per i panni con una punta di candeggina.

    Ma davvero?! Sul serio mi avete fatto lavare le mani con del detersivo per i panni?!

     

    I miei quattro secondi. Mi è venuto da ridere.

     

    Ci siamo fatti caricare dal bus di Air Asia che gratuitamente ti porta al centro di Mandalay, insieme ad altri turisti e ad un tour leader simpaticissimo, o almeno credo visto che rideva molto.

    I denti rossi dal betel, la camicia nera intonsa. Ci dà le indicazioni per l’hotel, ci consiglia di prendere un taxi perchè solo almeno 20/25 minuti a piedi.

    Guardiamo la mappa, possiamo andare a piedi. Ci pare molto meno. Ovvio, visto che non sappiamo  che Mandalay è spalmata e tra due vie c’è una distanza che sembra infinita.

     

    Siamo carichissimi, il caldo è appiccicoso, i marciapiedi pieni di buchi, ma io sono felice.

    Alla fine non è che non ami le comodità, ma è come se dovessi sudarmi il cammino, faticare, sentire il dolore alle spalle ed i passi sotto i piedi per realizzare la strada che sto facendo.

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    Ad ogni passo mi viene un po’ da piangere ed un po’ da ridere, guardo i piedi per non finire dentro una voragine, Gianni mi guardae come al solito pensa al lato positivo… “Almeno non sono in salita come a Takayama!”

    Siamo all’hotel Emperor, molto semplice, pulito, il personale davvero accogliente. E parlano inglese. La stanza è piccola ma ha tutto, a parte la finestra.

    Si perchè mi sono buttata sul tendone per vedere fuori, peccato che… Beh, ci ho trovato un muro.

    Proprio una roba tipo un pannello.

    Molliamo tutto e voliamo rapidamente alla Myanmar Travels&Tours, l’uffico turistico del governo.

    Erano dentro in 10, di cui 10 a farsi gli affari loro. Chiediamo informazioni, tirano fuori libroni scritti a mano e a me davvero scappa un po’ da ridere.

    Chiediamo se è possibile prenotare il volo da Inle Lake a Yangoon per evitare di farci 16 ore minimo di bus e ci dicono di si.

    “il volo è alla sera… anzi no, al mattino. Tra le nove e le dieci, più o meno”

    Arriva una tipa dell’ufficio con una rosa in mano e io mi stavo già commuovendo… L’ha allungata alla tizia al front desk, a me… beh, mi ha saltata.20140114_150730_1

    Ok dai, sono ancorauna che sogna le corone di fiori hawaiane.

    Lasciamo perdere con loro estrema gioia ed entriamo nell’agenzia accanto, dove troneggia un computer e… Beh, non sono poi tanto terrorizzati dalle nostre domande e parlano un inglese decente.

    Alla Zone Express tour ci prenotano tutto e… Devo ammettere che ero un tantino perplessa dall’idea che quel foglietto scritto a pennarello verde dalla signora che ci ha seguito… Fosse davvero il nostro biglietto aereo. Per fortuna era solo una busta e quelli erano appunti.

    L’intenzione seguente era quella di salire sulla collina per guardarci il tramonto ma l’idea è fallita miseramente visto il costo dei taxi. I taxisti sono pazzi! Per fare 2 chilometri ci hanno chiesto circa 5/6 dollari… Contando che per andare a Bagan (5 ore) ce ne vogliono 8 e mezzo… La proporzione è folle.

     

    Ripieghiamo sul palazzo reale, silenzioso e a dir poco magico nel calare della sera.

    Lo spettacolo in solitaria dei tetti dorati che risplendevano era… Davvero da lacrime.

     

    L’impressione finale è stato il primo cibo messo in bocca, perchè quello mi fa davvero immergere nel posto e così riesco a dare una vera opinione generale: la scelta è caduta sul Lashio Restaurant (accanto al classic Hotel, 23 str), un posto simile ad un self service in cui indichi, te lo mettono in un piattino e mangi. Noi abbiamo assaggiato di tutto, sette piattini, una bottiglia grande d’acqua e.. Ben sette dollari in due mangiando come disperati.

    Notevole.

     

    E così, la mia prima impressione, i miei primi lunghissimi quattro secondi durati un giorno.

    Polvere, casino, la gente sorride, le suole delle scarpe si smangiano, la meraviglia è dappertutto.

    Dopo un giorno, la amo già.

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