Cuore della Cina, scrigno della tradizione, storia ad ogni passo… Hei, ma che brutto il primo impatto! L’autobus ci scarica in un postaccio piuttosto lontano dal centro, in un parcheggio spoglio e con spazzatura ovunque. Grigio. Appena scesi siamo, come sempre, stati assaliti dai taxisti abusivi che ci hanno “offerto” una convenientissima corsa a 200 RMB per arrivare in hotel. 25 euro?! Cosa? Cerchiamo la stazione della metro più vicina, visto che non ci eravamo accorti di esserci sopra. Costo del biglietto (che è poi praticamente il costo di qualsiasi corsa in tutta la città)? 2yuan che sono circa 25 centesimi.
Prezzo onesto direi. Un paio di cambi e un collegamento fatto col taxi ma il tutto non costa piú di 4 euro. Sembra strano ma la capitale si percepisce subito essere meno cara di Shanghai (il primo segnale da guardare é la tariffa iniziale dei taxi: si parte da 6 yuan a Sūzhōu e Xi an, 10 a Beijing e 16 nella grande mela asiatica): la Cina é comunque una meta economica (si può spendere tanto anche qui volendo…).
Molliamo tutto, é ora di cena, e la fortuna vuole che l’hotel sia proprio accanto alla Wángfûjîng snack street, dove per 10/15/20 RMB al pezzo si possono mangiare una quantitá industriale di cibi strani. Nel mio menu di 70 RMB in totali sono riuscita a infilarci : una porzione di dumpling ripieni di carne e semini di sesamo, un ananas ripieno di riso dolce, una zuppetta con palline ripiene di carne e una specie di piadina ripiena di… ehm… con… non lo so. Piena peró. Il prezzo è abbordabilissimo e il cibo buono sul serio. Infatti c’è una notevole bolgia di turisti e i venditori urlano come non mai. Un consiglio, cercate di capire con gli occhi e non indicate il cibo con le dita o chiedendo ai venditori. Di regola quando indichi ti hanno già messo la roba nel piattino e ti stanno già chiedendo i soldi.
Sulle bancarelle si possono trovare le cose più assurde: stelle e cavallucci marini (ma non sono in via di estinzione?!), serpenti, larve insetti, bozzoli. Starei sul pollo come scelta grazie.
Per smaltire, andare a vedere la Cittá proibita con le luci della sera mi sembra una dolce scelta… Se non fosse che alle 9:30 spengono tutto e chi si é visto si é visto. Ma che sfiga dai!
La mattina seguente, in una splendida giornata di sole, partiamo belli carichi alla volta della magia della celeberrima residenza, la Città Proibita. Sembrava di essere a un concerto di Vasco. Solo, in cinese.
Innumerevoli gruppi si ammassavano ad ogni angolo, centinaia di persone creavano un tappeto umano multicolor impressionante (i diversi gruppi di anziani devono indossare il cappellino della squadra di appartenenza… come al centro estivo della parrocchia, ma per pensionati). Purtroppo, peró, questo corrisponde a spallate, spintoni, gente che ti salta davanti… E ovviamente a non riuscire a fare una foto senza 34 cinesi per metro quadrato davanti.
Ci saranno davvero circa 10000 persone che si muovono senza nessun senso apparente. Oltretutto quasi tutti i palazzi sono chiusi e questo moltiplica la delusione. Non avrei mai preteso di vederla in solitaria come ho avuto la fortuna di vedermi Angkor Thom, però neanche dover stare in processione per riuscire a vedere qualcosa! Un gruppo di cinesine ci assale per farsi delle foto con noi: sono davvero strani. Ma molto. Con la coda tra le gambe, uno yogurt naturale che vendono ad ogni angolo (ottimo, solo ho un paio di dubbi sulla conservazione visto il caldo e visto che li mollano sui tavolini… Ma poco male, son tutti batteri buoni!) e con zero foto decenti sulla macchina fotografica facciamo un salto per vedere il Grande Teatro Nazionale- National Centre for the Performing Arts (o “l’uovo gigante” come lo soprannominano in tanti): a me sembra solo un vero capolavoro dell’architettura, dentro, fuori, in ogni spazio è studiato ad arte per appagare la funzionalità e il piacere degli occhi. Troppo figo. Sul serio. È armonioso e morbido anche negli incroci delle scale mobili, figuriamoci nelle splendide esposizioni dei vestiti di scena e nella passerella ché é posizionata sotto lo specchio d’acqua in cui sembra immersa questa enorme goccia di mercurio. Non sono un’appassionata di architettura ma dentro una struttura del genere é molto difficile non diventarlo. E poi c’é pochissima gente e finalmente la mia misantropia viene vagamente calmata (a Beijing agli inizi del secolo scorso la gente aveva circa 4 metri quadrati di spazio vitale, in quell’epoca, se ci fossi stata, sarei diventata un’abile serial killer).
Non si puó mancare di vedere una delle piazze storiche piú famose del mondo, piazza Tienanmen, teatro di rivoluzioni e repressioni, carica, tutt’oggi di una tensione tangibile fatta di controlli (oltre ai metal detector e ai controlli sul corpo frugano anche nelle borse), guardie e a quanto pare anche poliziotti in borghese pronti a far sparire qualsiasi “inconveniente” e maglietta “free Tibet” sulla piazza. Ti senti osservato nonostante la piazza sia enorme e gremita di persone.
Mi é venuta fame e credo sia la giornata giusta per andare nel finto KFC (logo e scritta sono uguale, solo al posto del colonnello c’é un sorridente tipo con la faccia da cinese, ma non troppo, che sorride) a farsi una zuppa.All’ultimo optiamo per un’altra catena, sempre sui generis e di buona qualitá, Yoshinoya. I menu dal vivo sono vagamente diversi da quelli fotografati dalla presentazione, tanto che non si capisce “cosa é cosa”, ma il cibo non é male. Ovviamente al cibo sano bisogna sempre abbinare qualche cazzata e lí é a portata di mano: il Dairy Queen dove fanno gelati in stile McFlurry (tanto per capirsi) di tutte le dimensioni e ai gusti piú disparati. Dettaglio: dicono la tiritera e ti servono il bicchiere di gelato a testa in giú, se cade il gelato non lo paghi. Per un attimo mi é sorto il dubbio che non pagassi quello che cade sul tavolo e te lo dovessi pure raccogliere, ma credo te ne facciano uno nuovo e puliscano loro. Credo. Comunque sia il gelato alla creme brulée é buonissimo e quello ai brownies al caffé ancora di piú, per non parlare di quello al té verde. Ok, si sa, non resisto. E poi la zuppa era dietetica. Davvero veh.
Accanto a questo complesso in cui si alternano fast food cinesi, negozi con statue di Mao in giacca e cravatta plastificate in argento e busti in scala 1:1, chincaglierie di ogni genere e un museo di trenini, c’é anche un enorme spazio dedicato alla pianificazione urbana con plastico e cinema 3D IMAX (lo schermo é un semicerchio e non é né 3D né un IMAX, ma per 1 euro mi faccio fregare volentieri… Mi ha solo steso il fantastico “film” che raccontava l’avvincente storia della Cina in 15 minuti… Mi sono addormentata al minuto 7, credo) e 4D, che ha solo le poltrone che si agitano (dotate inoltre di cinture di sicurezza.. Non si sa mai che qualcuno tocchi il tasto” espulsione”…). Spiacente Beijing ma Shanghai ti fa una pippa. Questo museo fa una certa tristezza in confronto alla concorrente.
Per la cena scegliamo un posto segnalato dalla guida vicino a una delle strutture che, da quando è stata costruita, é diventata uno dei simboli di Pechino, quello che gli abitanti chiamano “i calzoncini giganteschi”, il CCTV building, grattacielo dalla forma circolare, impressionante. Anche se puó piacere e non piacere.
Ristorante semi casalingo, si capisce subito che allo Xiao Wang una delle cose che sicuramente non manca é il personale. Sono la metá di mille, scelti volutamente con l’aria annoiata e la poca voglia di lavorare (sono seduti sui tavoli a gruppetti facendosi padellate di affari loro…) e la cameriera, come è usanza, ci molla il menu (un libro di circa 80 pagine) e sta lì, con il bloc notes. Ferma. Ci osserva. Che strazio.
Il cibo peró é veramente buono, e le costine, poi, una vera delizia. Nel ristorante c’é davvero freddo e io voglio solo sdraiarmi su un letto col condizionatore impostato sui 30 gradi, e poco importa se la stanza é in uno scantinato e la doccia a una rampa di scale di differenza…letto. Prima di rientrare alla base facciamo tappa in un enorme e chiccosissimo mall che ha come caratteristica principale una passerella centrale con un gigantesco schermo sopra che proietta filmati o un finto acquario ed é veramente rilassante starsene seduti sui gradini col naso all’insú. Volevo completare la dolce cornice con un caldo té allo zenzero, ma in Cina, 4 euro per un té, mi sembrano davvero troppi. Mi toccherà farmi un homemade milk tea dopo essermo fatta una sanitizzante doccia.
2 Comments
[…] da Dairy Queen a mangiare un panino, anche se in realtá volevo solo vedere se facevano la stessa tiritera che mi son vista fare in Cina. Rinfresco la memoria: prendo sto gelato e la ragazza al banco gira a testa in giù il bicchiere […]
20 Agosto 2012 at 13:11Im not that much of a internet reader to be honest but your blogs really nice, keep it up!
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4 Ottobre 2012 at 4:41