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Cina, Viaggi

Sūzhōu e Tónglì, e la Cina che non ti aspetti

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Panetterie, pasticcerie, té, milk tea, bubble milk tea. Non ce la faccio, non resisto. La colazione a Hángzhōu è divina e nel mio immaginario davvero non avrei mai pensato di riempirmi la pancia di brioche e dolcetti buonissimi nella patria dell’involtino primavera, fritto e rifritto. La cucina cinese è tutta un’altra cosa e mi chiedo da dove cavolo vengano i cinesi che sono in Italia, da frittoland?!

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Restituita la tessera delle biciclette, pagati la bellezza di un euro per tenere la bicicletta per un intero pomeriggio abbiamo cercato di prendere un taxi: abbiamo cercato visto che lo sgomitare vale anche per questo. Il che significa che aspettare educatamente che il passeggero precedente esca dal taxi non funziona per riuscire a salirci, visto che una scorbutica vecchia ci ha spallato ed è salita dicendo di essere lì (dove?) da molto prima (ma quando?!?), l’ha detto in cinese ma sono sicura di aver capito.601194_10151206296793327_411539243_n
Stazione degli autobus: auguroni. Ovviamente nessuno parla inglese, si va avanti mimando peggio che nel torneo mondiale di indomimando, e cercando di impietosire cinesi a cui non gliene frega assolutamente nulla della nostra presenza e soprattutto di dove dobbiamo andare. Prendere un paio di bottigliette di tea e due pacchetti di cracker ha mosso l’interesse di 5 persone nel negozietto che davvero, sembravano non aver mai visto nulla di simile (me), risatine, occhi timidi e mani piccole che nascondono bocche ancora più imbarazzate.
L’autobus è una pacchia, i posti sono per giganti, larghi e comodi, come difficilmente si trovano nel resto del mondo, molto comodi per noi, totalmente inutili per cinesi la cui altezza media è un metro e sessanta. Poco male.

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Sūzhōu è bellissima. L’ostello è in stile tradizionale cinese, letto a baldacchino e tutto in legno scuro inserito in un contesto di canali, giardini curati e tetti bassi…beh, è emozionante. Ovviamente la prima tappa è in un ristorante, a riempire la pancia di noodle fumanti e ravioli dalla temperatura interna molto vicina a quella della fusione del plutonio. Ovviamente siamo gli unici non cinesi a mangiare in un posto molto frequentato da gente del posto (hanno il menu anche in inglese, l’unico modo per riuscire ad alimentarsi senza trovarsi roba troppo strana nel piatto), e ho dovuto fare un sforzo a non dire nulla a quello accanto a me che sputava allegramente sul tavolo tutti i pezzi di carne non di suo gradimento. Bisogna farci il callo, punto. Non ho ancora capito se quella banale zuppa con una simil cotoletta dentro mi sia piaciuta o meno… Potevano almeno farla a pezzi ed evitarmi di fare l’allegro chirurgo sulla fettina di carne con i chopstick, come quando da bambina giocavo con legnetti e torte di fango (si accettano suggerimenti su come si mangia).
Il centro è davvero delizioso: negozi tradizionali di té e farmacie che si inseriscono (abbastanza) armonicamente dentro un contesto di negozi alla moda e punti di ristoro (ogni 10 metri c’è un chioschetto che vende té, caffè, bubble tea abbinati alla qualunque dai colori sgargianti che mi attira come se fossi una gazza… Maledettissimi cinesi e il loro metabolismo veloce!).
Bisogna solo scegliere cosa fare, perchè il tempo è poco e le cose da vedere davvero molte. La LP suggerisce che il giardino dell’amministratore umile è il migliore da visitare (bisogna anche dare un occhio al budget visto che il costo dell’ingresso è intorno ai 5.50 euro, quindi non economico di sicuro) e questo giro ci azzecca perchè è davvero meraviglioso: laghetto, piante curate, ponticelli, piccole pagode, bonsai e rocce perfettamente disposte in uno spazio enorme ma che riesce comunque a darti una piacevole sensazione di raccolto, intimo. Se non fosse ovviamente che è impossibile scattare una foto senza due o trecento cinesi di mezzo.
Sono un miliardo e 400 milioni. Da qualche parte devono pur stare.
Comunque anche solo la passeggiata lungo i canali al tramonto merita la visita a Sūzhōu, i localini e le piccole terrazze che si animano, i venditori di ananas (??) e di altri snack da passeggio ad ogni angolo ( pare molto popolare una specie di frittata fatta a due piani, quindi in due diversi round e ripiena di verdurine e forse formaggio), fiorai. Se non fosse che hanno tutti gli occhi molto a mandorla si potrebbe scambiare per un borgo francese. Se non fosse che sono tutti terribilmente scorbutici. Ah no, anche questa é una tipica caratteristica francese.
Per la cena la scelta cade sulla cucina dello Xīnjiāng, uno dei posto piú remoti della Cina piazzato sopra il Tibet, a base di spiedini di agnello e montone (sul menú c’erano anche le parti meno nobili -o piú nobili a seconda di dove sei posizionato su google maps- come intestino o interiora a caso ma ho preferito evitare), spezzatini e zuppe (con lemongrass dentro? Ma siamo sicuri dell’origine di questa cucina?). Tre chilometri a piedi per tornare in ostello spero bastino per smaltire il tutto.

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L’inizio di giornata seguente é stato una chicca: sveglia presto per poter immergersi, come sempre, in un tour de force e tappa in banca per cambiare i soldi. Panico. 30 minuti pieni per riuscire a cambiare 200 euro e 5 impiegati (tra cui un simpatico giovanotto con una spilla a forma di smile che intanto aiutava anche i vecchietti a fare bancomat sgridandoli e urlando come la hostess dell’altro giorno, forse é solo il loro tono di voce), la direttrice che in un inglese stentato é riuscita a dire “wait five minutes”, per poi sparire e riapparire dopo 10 minuti con la faccia ancora piú terrorizzata di prima chiedendo il mio passaporto (la faccia terrorizzata adesso era la mia, dopo che l’ho vista sparire con il mio documento). Sportello: circa 3 o 4 foto del mio passaporto, del visto, controllo se il passaporto fosse vero o se me lo fossi fatto fare a Khao San road a Bangkok, passa per tre mani e non si capisce se é la prassi o se vogliano solo ridere della mia foto, telefonate su telefonate. La ragazza allo sportello non alza mai gli occhi e guarda quei pezzi di carta come se fossero soldi alieni e intanto un’altra impiegata saltella da una parte all’altra del back office. Davvero saltella tipo Pollon con le braccia molli lungo i fianchi, forse é assunta per l’animazione. Dopo 35 minuti netti riusciamo a avere soldi e passaporto. Fatica pazzesca, ma almeno é stato divertente!

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Ribaltiamo il programma (trovare un taxi la mattina é praticamente alla stregua di trovare un ago in un pagliaio, soprattutto se si é nella zona dove ci sono scuole e asili e dove é difficile anche camminare) e restiamo per la mattinata in cittá per andare poi nel pomeriggio in un paesino tipico e molto pittoresco chiamato Tónglí. Il giardino piú vicino da visitare é quello “della coppia”, meno affollato degli altri ma sempre affascinante. E visto che io sono una vera campionessa nel trovare attivitá trash e kitch ho spinto per salire su questa simpatica barchetta a remi (per poco piú di un euro a testa, ci sta) . La scena: pagati i 10 RMB, il tipo ci ha mandato via, poi visto il mio disappunto ha riso e abbiamo capito che scherzava. Barcaiolo burlone. Oltretutto barcaiolo canterino con la felpa della Sampdoria (si una di quelle che negli anni 90 si prendevano con i punti della parmalat mangiando quintalate di yogurt e merendine). Il giro consisteva in quattro remate da una parte e dall’altra intorno al giardino, abbiamo dovuto pagare di piú per la cantatina dell’ugola d’oro e come plus siamo stati allegramente scaricati non nel punto di partenza ma dall’altra parte del fiume. Gustoso. Optiamo per il museo di Sūzhōu, fidandoci della LP che lo definisce “imperdibile”: sto giro ha veramente toppato. É stato subito inserito nella mia personalissima top 5 dei musei piú inutili e pesanti al mondo, inserito in una struttura modernissima e incredibilmente all’avanguardia. Vasi, ceramiche inserite in “una raffinata combinazione di acqua, bambú e linee rette”. Per cortesia.285613_10151206301693327_838495266_n
Scarpinando fuori dal centro si vede un po’ di Cina che mi verrebbe da definire “piú reale”rispetto alla meraviglia di questi centri storici perfetti e bellissimi, e non posso fare a meno di notare che ci sono una quantità pazzesca di negozi per animali fornitissimi di qualsiasi stupidata da metter loro addosso e con pelo-stylist per renderli piú chiccosi. Va di moda il cane a pon pon, se a qualcuno dovesse interessare.
La stazione degli autobus é ovviamente completamente in cinese, solo la guida con gli ideogrammi ci riesce a salvare. Chiediamo di prendere quello prima ma ci viene detto di ne e scritta la motivazione sul biglietto. Ovviamente con ideogrammi. Ah ok, adesso é chiarissimo grazie. Rassegnata. Si aspetta.
Tutta la fatica é però ripagata dalla meraviglia che ci ritroviamo davanti: Tònglí é stupenda. Si arriva comodamente alla cittá vecchia con un golf cart elettrico (sono davvero organizzatissimi) e bisogna pagare un biglietto d’ingresso. Se si arriva in autobus,però, c’è un grandioso vantaggio: acquistando il biglietto (80RMB) é inclusa anche l’entrata alla cittá (il cui costo è di 100 RMB) quindi, se mai a qualcuno saltasse in mente di prendere un aereo per l’altra parte del mondo, fare scalo a Sūzhōu e organizzare una gita a Tónglì, questa è la maniera più pratica ed economica per andarci. E comunque merita. Oltretutto la prima cosa che vedo entrando dentro le mura è un chioschetto con all’interno un tipo con la faccia da cartone animato che vende bubble milk tea, mi ha riempito mezzo bicchiere di perle di tapioca e mi ha reso la giornata ancora più dolce.
Il biglietto include la visita a 3 luoghi di interesse a scelta (templi, pagode, giardini), quindi consiglio di andare a naso e scegliere a caso, tanto sono davvero carini tutti.
Un’ attrazione non inclusa nel prezzo ma davvero divertente da visitare è i l Museo cinese della cultura del sesso, dislocato tra piccole casette/padiglioni espositivi e immerse in un parco in cui è situato anche un palazzo che è tranquillamente possibile scambiare per un college inglese, stranissimo. All’interno dell’esposizione si passa dalle statue enormifalliche, ai peni doppi per lesbiche del neolitico a incisioni e dipinti su vasi che lasciano lmolto poco all’immaginazione…curioso. Certo, potevano evitare i piselloni di gomma per far vedere la diversità con quelli antichi e i pupazzetti esibizionisti che aprono l’impermeabile, ma sono cinesi e va bene tutto. Il pomeriggio scivola ed è davvero bello perdersi tra i canali fioriti tra piccoli giardini, ragazze che si fanno fotografare con noi come se avessimo 6 braccia e due teste, un vecchio che ci urla dietro perchè non vuole assolutamente che fotografiamo i suoi vecchi fumetti (per favore, qualcuno gli faccia sapere che una foto di fumetti vecchi non vale assolutamente niente nel vecchio continente) e ragazzi che ci prendevano per i fondelli perchè guardavo incuriosita una specie di frittatina e del cibo di strada ( se non fosse che puntavano il dito su di me forse potrei avere ancora un briciolo di dubbio sul fatto che stessero parlando di me). Pearl milk tea e ci incamminiamo sulla via del ritorno. Solita fatica per far capire dove vogliamo andare e per comprare un pacchetto di noccioline (in Cina sono buonissime sempre!) e un pacchetto di tuc (taroccati, ovviamente) , ma al gate questo giro ci attendeva uno spettacolo meraviglioso: quello che poi si sarebbe svelato essere il nostro folle autista era comodamente sdraiato sulla sedia a farsi gli affaracci suoi, tra caccole, sputi e grattate (e mi è sorto anche il dubbio che fosse bello alticcio viste le guance da tirolese e la guida strombazzante nella corsia opposta al senso di marcia) , accanto alla signora addetta allo sportello che faceva la maglia. Mi sono piazzata davanti appoggiata sul bancone fissandoli ( quando i biglietti e le insegne sono scritti totalmente in cinese bisogna necessariamente chiedere), e loro ovviamente, per 5 minuti buoni ci hanno totalmente ignorato e continuando con le loro attivitá “lavorative”. I 50 minuti seguenti sono stati un incubo fatto di frenate, sorpassi, clacson e insulti cinesi, conditi ovviamente da scatarrate e sputi fuori dal finestrino. Ma è ok dai, siamo in Cina!
Pisolo e cena mediamente dietetica e ricca di verdure completamente mandata alle ortiche da un dolce preso da “i love mangoo” che ovviamente fa tutte follie a base di strati diversi di creme, frullati, pezzi e smootie del fantastico frutto tropicale (io ho preso un dolce caldo a base di taro…Lilla e gommoso).
La sveglia è puntata presto, Shànghâi attende.

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