I viaggi, attraverso le persone sono più belli.
Ed è per questo che ho voglia di raccontarvi la storia di un uomo ed uno suo grande amore.
In Colombia quando si vuole dare un tono di grande rispetto ad una persona, davanti al nome si mette un “Don”, che non odora di mafia, ma solo di antiche tradizioni, saluti fatti nelle piazze impolverati di un America latina che ha tutta l’aria di essersi fermata ai tempi di Zorro, e delle sue avventure a cavallo.
Lo conosciamo prima nelle parole di Diego e Adriana, che ci hanno accompagnato per tutto il giorno sulle montagne intorno a Bogotà cercando di farci conoscere quella Colombia sana e ospitale di cui loro sono stati ottimi rappresentanti.
Don Orlando è la miglior guida che può accompagnarvi a Nemocón: un paesino sulle montagne di Bogotà, che a differenza di quanto potessi immaginare, sanno di Svizzera e cioccolato al latte.
Un paesino bellissimo, oltretutto.
Il tempo si è fermato e al pomeriggio la gente del posto temporeggia nei bar dalle sedie di metallo e dalle pareti dipinte.
Sì, perché per le vie della città, una buona parte delle case ha grandi disegni che ricoprono le pareti dai colori sgargianti.
Ed è in un ristorante in cui abbiamo mangiato yucca, patate e gallina bollita, che è arrivato questo baffuto uomo,non troppo alto, che dopo averci lasciato mangiare, ci ha pazientemente atteso per portarci nel Museo del Sale.
Ci fa accomodare nel giardino, dedicato ad una celebirty locale che ha trovato i fondi per costruire una scuola ed una struttura per i ragazzi.
Ci mette in mano una piccola presa di sale fino estratto dalla miniera, ci chiede di sfregarlo sui palmi e sui dorsi e ci racconta ogni singola proprietà: antinfiammatorio, antireumatico, disinfettante. Fa bene alla pelle, a differenza di quello che si pensa.
CI porta dentro il museo e lascia che la figlia ci racconti la storia di Nemocón, in questo museo semplice e senza grandi slanci.Ma interessante.
La figlia è altissima. La moglie di Don Orlando a quanto pare gli dà una spanna e lui, ridendo, fa spallucce e dice “l’amore non ha altezze…”. Mi viene un po’ da ridere, ma guardo il garbo di questo signore di mezza età, e mi viene da pensare che è uno di quelli che potrebbero farti la serenata e lasciarti l’ultimo pezzo di cornetto.
E poi, siamo andati con lui, nella Miniera di Sale di Nemocón, che non ha nulla a che vedere con la Cattedrale del Sale: questa è una vera miniera, rimasta più o meno come l’hanno lasciata i minatori.
Niente spettacolarizzazione spinta, solo una buona parte di natura che fa il suo lavoro.
E siamo entrati ad occhi chiusi.
Don Orlando mi ha chiesto di appoggiargli una mano sulla spalla e di fidarmi di lui.
Perché fidarsi di qualcuno, anche nei semplici passi che lui conosce e tu no… E’ bellissimo.
Abbiamo camminato ad occhi strizzati finchè non ci ha fatti arrivare con la punta del piede a pochi centimetri dall’enorme vasca di salamoia che troneggia nel corridoio centrale.
Ho aperto gli occhi e ho avuto la folle sensazione di sentirmi cadere, sul baratro di un buco profondissimo che in realtà era solo una pozzanghera di acqua e sale profonda una manciata di centimetri.
Ho voglia di parlare di questo posto adesso che è ancora protetto, ancora un angolo di mondo custodito e promosso da chi lo fa con il cuore e con tantissimo sforzo.
Perché la verità è che a volte ti capitano tra le mani dei pezzi di mondo così belli che vorresti farli vedere a tutti, ma tenerteli solo per te per conservarne l’integrità… E ti senti ad un bivio, perché tutto può diventare la Bali di Mangia Prega Ama, devastata dal turismo senz’anima (ma con il libro in mano e alla ricerca di qualcosa).
La Mina de Sal lo so, non rimarrà così per molto.
Pochi mesi fa sono finite le riprese del Film “Los 33”, che con nomi illustri racconta la storia della scampata tragedia della miniera cilena in cui sono rimasti intrappolati 33 minatori dal 5 agosto al 14 ottobre 2010: il set cinematografico è ancora allestito, la capsula Fenix2 è ancora lì, incastrata nelle rocce di sale.
Potrei raccontarvi di come si formano le stalattiti di sale, che i legni che sorreggono le strutture sono tutti di eucalipto perché è l’unico legno che assorbe il sale e diventa come pietra, che quel cuore illuminato di rosso è il cristallo di sale più grande del mondo e che qui fanno anche mostre ed esposizioni.
E’ affascinante, enorme e bellissima.
Ma Don Orlando l’ha resa speciale.
Ad ogni persona incontrata consigliava di andare a mangiarsi un’almojavanas in centro al paese e di risalire con calma, di dare al corpo il tempo di riabituarsi a stare fuori.
Una grazia d’altri tempi.
Ho espresso un enorme stupore per la bellezza della minera (è davvero da vedere, ti lascia a bocca aperta), gli ho detto che ne avrei parlato perché è un pezzo di mondo di cui in Italia credo che in pochissimi ne abbiano sentito parlare.
E lui si è commosso.
E mi ha fatto un frullato di cuore.
Perché se vi aspettate di incontrare narcotrafficanti e rapinatori, il rischio più grosso che vi dovrete prendere è quello di dovervi relazionare con persone del genere, che trattano il patrimonio comune come se fosse loro e che sono fatti di orgoglio e gentilezza.
Abbiamo condiviso pan di Yucca e uno yogurt, abbiamo parlato di Banderas e di quando sul set hanno portato addirittura una mucca, ci ha spiegato come estraevano il sale e abbiamo fatto una quantità di foto che neanche ad un matrimonio al sud possono competere.
La miniera di sale la tratta come se fosse sua, come se dovesse fare gli onori di casa e lasciarti un ricordo indelebile. E da quanto ho capito la nuova gestione non l’ha neanche assunto. Sembra una barzelletta all’italiana.
E invece.
Nemocón ha un cuore ed una grazia d’altri tempi.
Un pezzo di questo cuore, è Don Orlando.
2 Comments
Siete stati fortunati a vedere un posto così incontaminato…bellissime foto e davvero un bel articolo.
19 Marzo 2015 at 12:24Grazie mille… E’ stata davvero un’occasione stupenda. La consiglio proprio!
19 Marzo 2015 at 15:40