Dunedin è una città gigantesca rispetto alla media delle neozelandesi: ci sono pub, ristoranti etnici, supermercati. Appena arrivati mi sono sentita catapultata a New York. Ok, non esagero, mi sono sentita in un posto civilizzato ecco.
Scherzi a parte la città è veramente carina. La sensazione stranissima è che non ti senti in Nuova Zelanda, si respira aria di Scozia, di nord Europa, si vedono persone dai tratti nordici e dalle guance rosse che bevono birra seduti all’esterno dei pub.
L’origine scozzese della città è dovuta all’origine dei coloni, infatti due barche di scozzesi furono il fulcro del primo gruppo di persone decise a stabilirsi in pianta stabile su questa cittadina della costa.
Per stare in tema per la cena abbiamo scelto di mangiare al ristorante Scotia, a due passi dal centro città: a parte le birre buone ho mangiato forse il miglior salmone di sempre (oltre che in dosi massicce). Carissimo per i nostri standard di viaggio, ma in media con i prezzi neozelandesi (circa 27€ un piattone di salmone con verdure e una birra media artigianale).
Abbiamo mollato i bagagli in albergo, siamo andati a cena e poi ci siamo messi in macchina in famosa tempo per poter raggiungere la penisola di Otago in tempo per il tramonto.
A circa mezz’ora di auto dal centro di Dunedin, si estende una piccola penisola, resa famosa dalla colonia di albatros reali e dalla possibilità di vedere da vicino due tipi diversi di pinguini che alla sera, appena prima del tramonto, tornano sulla spiaggia.
Prima di tutto la strada: visto che si guida a sinistra, ti ritrovi a costeggiare la riva per chilometri e chilometri. Costeggiare la riva io intendo che la strada è a piccol sul mare e non ci sono protezioni. In pratica ho stretto le chiappe e trattenuto il respiro per circa 27km col terrore di finire in mare con la macchina.
Gianni, che invece era seduto sul sedile del passeggero era tutto un tripudio di “ooooh, uaao!” tra paesini, casette dei pescatori, scorci bellissimi di mare dai colori intensi e casine deliziose principalmente disabitate (o forse sono solo casette che vengono affittate per l’estate, e non era ancora stagione). La strada è davvero uno spettacolo unico fatta al tramonto (con un salmone nello stomaco).
Siamo arrivati al Royal Albatros Center, una riserva faunistica che si occupa della conservazione di questa rarissima colonia di uccelli: l’unica al mondo sulla terraferma.
Piuttosto esaltati all’idea di poter abbracciare un pinguino o di vedere svolazzare un albatros (improbabile in realtà perchè fino alla fine di novembre covano e quindi stanno ben nascosti da occhi e mani indiscrete), ci siamo ritrovati davanti un amaro cancello. Puoi entrare, ma sono 25$ a testa. La guida specifica che “si possono fare visite guidate al costo di” non che per poter accedere alla zona dei pinguini devi per forza pagare un biglietto d’ingresso. ALla fine abbiamo rinuciato. 25$ per vedere tramontare il sole con i pinguini era un po’ troppo.
Il giorno seguente siamo andati a fare qualche giretto per Dunedin, patria di una forte identità scozzese e di alcune curiosità abbastanza interessanti.
Prima di tutto c’è l’edificio più fotografato di tutta la Nuova Zelanda: la stazione di fine 800 è ben conservata e oggettivamente bellissima sia negli interni che nei giardini all’esterno, oltre che sede del farmer market e della sport hall of fame kiwi.
Una delle cose che mi sarebbe piaciuto fare ma che costa un po’ troppo per il nostro budget (oltre a buttarmi col bunjee jumping, col paracadute, fare rafting e vedere i beghi luminosi) era un giro sul treno panoramico che da Dunedin porta a Oamaru, attraversando campagne e paesaggi pazzesci, ma si va dai 90$ in su. Troppo.
A Dunedin oltretutto c’è anche la fabbrica del cioccolato Cadbury: sì, quello viola, con dentro di solito cose molto ciccione come uva passa o pezzi di altro cioccolato. Una matriosca di cicciosità. C’è anche una cascata di cioccolato, in stile Willy Wonka. Mioddio, quanto avrei voluto andarci.
Ma il tempo è poco e se vuoi vedere tutto devi rinunciare a qualcosa, soprattutto se a furia di mangiare cose buone ti si sono ristretti i pantaloni.
Quindi abbiamo optato per andare a smaltire la ciccia camminando in salita per le vie della città.
La seconda tappa invece è a Baldwin st, una tranquilla via residenziale che ha la particolarità di essere la più pendente del mondo (circa 19*): il primo pezzo è fattibile, poi cominci ad arrancare e ti metti a fare le foto a qualsiasi cosa per poterti riposare un attimo. Curioso che a febbraio si svolga su questa via la gara “Gutbuster” (stroncabudella), dove migliaia di persone si sfidano per battere il record e stare sotto i due minuti.
Calcolando che avevo appena mangiato un danish di crema e marmellata in aggiunta ad un panino ripieno di panna e marmellata, potete ben immaginare quanto tempo posso averci impiegato ad arrivare in cima.
Lasciamo la città in direzione Maoeraki Boulders, che la Lonley Planet liquida in poche righe ma che in realtà meriterebbero almeno una poesia in rima. O un tema. Cioè, possibile che non hanno dedicato almeno una canzone a questo posto!?
Sulla spiaggia si trovano queste stranissime gigantesche palle di pietra dolcemente adagiate su una spiaggia dal panorama mozzafiato.
Prima di tutto guardate il movimento delle maree online (se c’è alta maera ovviamente non si può scendere in spiaggia a meno che non vogliate farvi una nuotata), assicuratevi al caffè ci siano abbastanza muffin alla crema pasticcera e mirtilli (una delizia da 3450 calorie ma che ti scatena altrettanti milligrammi di gioia, tanto perchè abbiamo rinunciato alla fabbrica di cioccolato) e poi scendete le scale e andate a divertirvi tra le palle.
Cosa sono?
Sono massi sferici davvero grossi, che si trovano lungo la spiaggia di Koekohe, tra Moeraki e Hampden (sono comunque indicati), e sono il risultato dell’erosione del mare e del fango indurito, ma non riesco a capire come possano essere solo qui, e così perfettamente sferici.
Secondo la leggenda Maori, l’origine dei massi è dovuta alla perdita da parte della Arai-te-uru , una grande barca a vela proveniente dalla lontana Hawaiki, di ceste e contenitori, che sono diventati poi rocce. La barca naufragò nei pressi di Shag Point (Matakaea), nella sua lungo viaggio verso la preziosa Greenstone. La barriera corallina che oggi si estende verso il mare si dice essere lo scafo pietrificata della canoa, mentre nelle vicinanze, nella forma di una roccia di primo piano, si trova il corpo pietrificato del suo comandante. Sparsi lungo la spiaggia sono i massi che rappresentano i cestelli e le calabash trasportati dalla barca. Il nome Moeraki (Moerangi) significa “giorno della sonnolenza”.
Sono davvero bellissimi.
Verso sinistra ce n’è una spaccata a metà e io non ho resistito a fare una foto con la testa infilata dentro e le gambe fuori. Non potevo davvero non farlo.
Rimessi in macchina in cammino lungo la strada 85, ci siamo diretti verso Ranfurly, un delizioso e sonnecchiante paesino con tantissimi edifici art decò, dovuti ai numerosi incendi degli anni ’30 e alle successive ricostruzioni proprio in quegli anni, quindi con una curiosa impronta Art Decò.
Questo paesino è nato nel 1898, come stop della line ferroviaria della Central Otago, visto che si era scelto di saltare Naseby che all’epoca era uno dei paesi di punta della caccia all’oro, quindi questo Ranfurly prende sempre più importanza come centro amministrativo ed economico della zona.
La grande richiesta di nuovi edifici e gli incendi hanno intensificato l’attività edilizia, ed è curioso che hanno continuato a costruirli in tema “anni ’30” anche quando la moda era ormai ampiamente finita.
Sonnecchiante è forse una definizione un po’ riduttiva, perchè per le strade non c’era davvero nessuno.
Però è carino, e uno stop lo merita tutto.
Ecco, adesso c’è una tappa di cui vogli raccontare con amore perchè è uno di quei posti che davvero mi è rimasto nel cuore.
La strada per arrivarci è bellissima, ci vuole una deviazione di 17 km dalla SH85, ma vi assicuro che non è uno spreco di tempo [circondato dalle catene montuose di Hawkdun e Dunstan, St Bathans si trova a circa 40 minuti di auto a nord est di Alexandra e a 25 minuti da Ranfurly. Lasciate la Highway 85 appena passato Becks su St Bathans Loop Road e proseguite per circa 15 minuti].
Questa antica cittadina mineraria adesso è un mucchietto di case sparse con un hotel.
Parcheggiate davanti all’hotel, fate un viaggio nel tempo, un viaggio nella natura.
Nel 1887 Saint Bathans era una vivace cittadina di 2000 anime, principalmente minatori. FInita la corsa all’oro, come tantissimi altri posti, il paese si è svuotato e ne è rimasto un semplice scheletro, un silenzio innaturale, una laguna dal blu intenso.
Resta così solo la poesia di un tempo che ormai è andato e di una vita che ti sembra di sentire ancora in lontanaza: la chiesa, l’ufficio postale, le rovine della scuola.
L’unico edificio ancora davvero attivo è il Vulcano Hotel, dove puoi entrare, berti una birra,assaggiare il cheese toast e fare quattro chiacchiere con i proprietari mentre il labrador all’ingresso ti guarda perplesso.
All’ingresso, proprio sull’insegna, c’è un trifoglio: un richiamo alla rivalità antica tra i coloni irlandesi e quelli gallesi della vicina Cambrians.
In realtà la parte curiosa è che si dice che l’albergo sia la casa di un fantasma femminile. Che quando eravamo là non si è fatto sentire.
Lasciate la macchina lì davanti e andate a fare il trekking che costeggia il lago blu intenso che è stato creato durante l’era della corsa all’oro.
Il lago nasce da quella che era una collina – Kildare Hill – completamente sventrata dall’estrazione di minerali e ghiaia, che è poi stata riempita d’acqua col tempo: il blu innaturale è dovuto alla ricchezza di minerali della zona.. E’ semplicemente stupendo.
CI siamo messi a prendere il sole dall’alto, mentre i ragazzi sotto facevano il bagno.
La camminata che lo costeggia, tra rocce e piccoli canyon è abbastanza imperdibile, e in un attimo ti sembra di essere uscito dalla Nuova Zelanda e di Essere finito nelle valli dello Utah, anche se le pareti erano bianche, quasi sterili. E’ tutto in pianura e costeggiare il lago occupa circa un’oretta. Fatelo., merita.
Dopo una pausa di relax al Vulcano hotel ci si
amo rimessi in macchina in direzione Cromwell (vista dall’alto, molto bella la zona della diga e del fiume che si snoda tra i campi verdissimi) e Lake Wanaka, un angolo di “turismo spinto” dopo chilometri di natura incontaminata: sembrava la figlia sfigata della celebre Queenstown. Il lago è bello, ma dopo Saint Bathans, nessun blu sarà più così blu.
2 Comments
Come capisco le tue sensazioni su Dunedin! Io non ho visitato questa città, purtroppo da Queenstwon, ci siamo ridiretti verso nord, ma dopo aver visitato l isola del sud raggiumgere Wellington è stato woooooooooooow mi sentivo troppo sapesata..musica, colori, gente! è una sensazione incredibile!
4 Settembre 2016 at 17:15leggendo i tuoi racconti mi stavo mangiando le amni per i pinguini ma.. a 25 $ me ne sarei andata pure io, subito! Pensa che a me Wanaka è piaciuta moltissimo, ma quando ci sono stata io non c’era molta gente!
La Nuova Zelanda bisognerebbe vederla con più calma, con lentezza, fermandosi a vedere e godere di certi posti…Eh, niente, ci tocca tornare!
5 Settembre 2016 at 16:07No cmq 25$ per i pinguini… Solo se ti danno un pinguino in omaggio! 😀