Ho provato a contare le volte in cui sono stata a Roma. La prima, con la mia famiglia. Una delle prime tappe del “tanto poi quando sarete grandi andrete all’estero” tour, che negli anni ha toccato Roma, Firenze, l’Umbria, Venezia e Verona.
Poi da sola, per la prima volta, in un viaggio notturno, in cui per l’agitazione non ho chiuso occhio. Avevo 17 anni e mi sentivo grandissima, non ancora maggiorenne in giro per la città. Dormivo da un’amica dei miei genitori, che mi aveva adottata a distanza. Una signora nubile e spassosa, che tra una Camel 100s fumata a metà e un “chettelodicoaffàre?”, mi aveva fatto innamorare ancora di più di quella città.
Il mio primo ricordo, di quella mattina in cui mi era venuta a prendere all’alba di una Roma d’agosto, calda e deserta, è stata la vista del Cupolone, da quel buco nella porta sul colle Aventino, tra il Giardino degli Aranci e la villa del Priorato di Malta,da cui si vede la meraviglia. San Pietro, laggiù, come in un quadro. E poi il museo di arte moderna così ignorato che mi ha regalato una visita in completa solitudine.
Roma è il primo amore. Sì, ci sono Bangkok, San Francisco, Austin, Sydney. Ma ogni volta che torno nella capitale trovo quell’affetto e quell’amore tenero che si riserva al primo bacio, al primo moroso. Il mio primo ragazzo è così (scusa Gianni eh), senza difetti. Poco conta che ci siamo lasciati per esasperazione, perché non facevamo altro che litigare, perché mi sono comportata male io (urca che eufemismo che si porta dietro il mio racconto!). Ma nei miei pensieri è solo la parte bella, dei momenti emozionanti, del primo regalo di Natale per cui ho pianto per giorni interi.
Roma ha un traffico infernale, gli autobus arrivano più o meno caso, quando piove si avvicina in maniera apocalittica ad un girone dantesco. Eppure? Roma è sempre perfetta e centellino le visite perché non voglio togliere dal cuore quella patina di romanticismo che mi ha sempre lasciato.
Ecco perché quando la mia adorata Chiara (di Con un viaggio nella Testa) mi ha detto “andiamo a Roma un paio di giorni?” io non ho potuto dire di no.
Quindi siamo salite su un Italo-sono-un-treno-fashion, e tra chiacchiere fittissime siamo arrivate in città.
Abbiamo dormito al Best Western Plus Hotel Spring House un albergo dall’aspetto sobrio all’esterno, ma che quando apre le porte, ti svela un piccolo mondo. Volete tre motivi per dormire qui?
- Posizione: a due passi dalla Metropolitana Cipro (treno diretto da Termini), praticamente davanti all’ingresso la fermata di tre autobus che ti portano ovunque in centro (la 490, 492 e N1.). Oltre al fatto che si trova praticamente dietro San Pietro e ai Musei Vaticani. Una posizione strategica al massimo, veramente comodo.
- E’ pulitissimo e il letto vi implorerà di stare con lui tutto il giorno. Veramente, la mattina è una tragedia alzarsi e se non fosse che avevamo impegni programmati credo che mi sarei rotolata tra le coperte fino ad un orario indecente. Ho pensato seriamente di portarmi a casa un cuscino come ricordo (non so se la Best western sarebbe stata poi molto d’accordo eh). Ah, in camera puoi goderti anche the, caffè e la cromoterapia in bagno. Con me hanno vinto tutto.
- La colazione. Vi dico solo DONUTS e Brioches ai cereali. La ciccia sui fianchi è stato il mio unico freno. In realtà mi sono presa anche una mela dal ricco cesto di frutta. Cioè, mi sono presa la mela (che è ancora a casa che mi aspetta per essere mangiata) e mi son mangiata torta brioches e compagnia bella. Ah, la coerenza.
Volevo fare una piccola nota di merito alla Sauna gratuita che avrei usato volentieri se non fosse che ho dimenticato il costume. Maledizione. L’hotel è questo, quindi di alto livello e, a parte in periodi di altissima stagione, i prezzi sono realmente abbordabili.
Dopo aver mollato i bagagli in hotel, siamo andate all’appuntamento speciale che ci aspettava a due passi dal Colosseo. Un lunch nel Ristorante Aroma, nell’attico di Palazzo Manfredi.
Il ristorante offre una location a dir poco straordinaria: arredato con semplicità e gusto, con il panorama forse più bello di Roma. Vista Colosseo. La sensazione che hai durante il pranzo è quella di avere davanti agli occhi un cartonato, una riproduzione, qualcosa di irreale, perché ti sembra davvero troppo per essere vero.
E invece sei lì, e il panorama vi assicuro che non è la parte migliore.
Lo Chef Giuseppe di Iorio propone un menù delicato, che alterna in modo curioso carne e pesce, e lo fa pescando a piene mani nella tradizione, rivisitando i piatti, alleggerendoli, regalandogli quella grazia che spesso alla cucina romana manca. Intendiamoci, la cucina romana è favolosa, ma non spicca per raffinatezza.
E quindi la coda alla Vaccinara viene servita dentro del ravioli dalla pasta sottile, e il guanciale, base di molti piatti, diventa il protagonista assoluto nella sua morbidezza.
Il pesce bianco prende un tocco di esotico, come il maiale.
Verrebbe istintivo chiedersi se la cucina è all’altezza della location mozzafiato, perché spesso è l’atmosfera che esalta il piatto. Sì, eccome. Il servizio impeccabile, la mise en place minimal: sei già troppo distratto dalla vista.
Lo Chef di Iorio invece riesce a tenerti concentrato sul cibo, in attesa trepidante piatto dopo piatto.
Ok, quello che chiedono tutti. Il prezzo? Per l’intera degustazione il costo è di 150 € a persona senza vino, ma vi assicuro che uscirete da Palazzo Manfredi rotolando e col miglior sorriso che potrete avere, stampato sulla faccia. Anche perché realmente preferisco rinunciare a tre cene in trattoria o in un ristorante anonimo di casa per un’esperienza che mi ricorderò per sempre.
E questa è assolutamente un’esperienza che vi ricorderete per sempre.
Sì, è decisamente adatto alle grandi occasioni (il discorso è: se state cercando una location per chiedere di sposarvi alla vostra compagna, farlo davanti ad un cremoso di cocco e albicocca con vista Colosseo, sorseggiando un vino della loro incredibile cantina, vi assicura un sì al 100%. Potrebbe dirvi di sì anche una che conoscete da un mese. Forse.).
[qui trovate la recensione di Chiara: Ristorante Aroma a Roma, Cucina stellata, vista Colosseo]
Al pomeriggio, con la gioia nel cuore, siamo andate alla mostra del Bernini dentro Galleria Borghese. Vorrei non parlarne così bene perché la mostra è finita e chi non è riuscito ad andarci si mangerà le mani, ma è stato qualcosa di veramente esagerato. Forse ero così emozionata perché era la prima volta che riuscivo a vedere Galleria Borghese.
Immersa nei sui giardini, offre una collezione permanente degna della sua fama.
Per chi non sapesse cos’è, Villa Borghese è un immenso parco nel cuore di Roma (in quarto per ordine di grandezza in tutta Roma), con diversi tipi di giardini (sia all’inglese che all’italiana), fontane e laghetti. Ha 9 edifici al suo interno ma quello più celebre è ovviamente la Galleria Borghese, sede di un’incredibile collezione permanente e in questo periodo anche della favolosa mostra dedicata a Gian Lorenzo Bernini (e in parte anche al padre).
[se non conoscete la sua vita vi consiglio davvero caldamente di fare un giro su Wikipedia e innamorarvi follemente di questo artista poliedrico]
In realtà il programma iniziale (vi metto qui la mappa di tutti i punti di Interesse alternativi che mi ero segnata) era praticamente quanto di più vicino alla maratona di Roma fatta per monumenti alternativi, ma purtroppo siamo state costrette e ridimensionarlo causa tempo orribile, freddo e piovoso.
Cioè: quanti giorni all’anno piove a Roma? Pochi, pochissimi. Noi siamo riuscite a beccare un clima che rasentava il polare, tra pioggia battente e temperature che manco a Cervinia a dicembre.
A dir la verità è stata la scusa per entrare a curiosare in ogni chiesa, ogni palazzo con le porte aperte, ogni angolo asciutto che ha arricchito il già esagerato numero di chiese che si possono mettere in lista da vedere a Roma. Che arricchisce quel continuo contrasto di confusione e quiete che catterizza Roma.
Come si fa a parlare di Roma senza trasformare tutto in poesia?
Ok, adesso vi consiglio altri due posticini deliziosi in cui mangiare.
La scelta per colazione è caduta su Temakinho, locale jappo -brasiliano che ha già altri ristoranti sparsi per l’Europa. Concilia la cucina giapponese con quella brasiliana, e quindi ti ritrovi a mangiare maki e pan de queso (provateli, ma dite al cameriere di fermarvi ad un certo punto perché sono davvero una droga e non smetteresti mai di mangiarli). Se vi piace la colazione dolce ci sono diverse opzioni, ma è la colazione salata il loro forte. I frullati di frutta (Vitamine) abbinati ad una tostada (io ho provato la brioche ai semi con salmone avocado e coriandolo) sono davvero una bomba. Menzione speciale anche agli infusi e i the (c’è anche il matcha!). Oltre che buono è anche bello, in questo stile jungle che non guasta.
Se volete qualcosa di più local ma leggero (pranzo o cena, soprattutto se state cercando un’opzione veg… per poi potervi concedere carbonara o un’amatriciana il pasto dopo, ovviamente), la scelta deve cadere su Ciao Checca. Veramente, mi sono innamorata di questo posticino. Il loro piatto forte è la tradizionale pasta alla Checca (un’insalata di pasta tiepida con pomodoro fresco, basilico e mozzarella di bufala, servita con un filo d’olio DOP), ma se non avete voglia di pasta (no dai, uno scodellino piccolo, che sembra quasi da gelato, prendetelo, vale veramente la pena), ha diverse zuppe e opzioni gustose ma leggere. E’ un posto semplice, con ingredienti di casa, cucinato tutto al momento.
Abbiamo parlato con il proprietario, la semplicità di ingredienti, la ricetta della nonna, la qualità della materia prima come cuore di questo slow street food. Una cosa fatta bene insomma.
Semplice.
Roma è così intensa e ricca che sembra quasi rifugiarsi in questi angolini di bellezzanon costruita.
Ovviamente non potevamo perdere la mostra di Leica al Vittoriano dopo aver pranzato al Mercato Centrale con la Vale di Beroad. Caotico, prezzi medio alti. Ho provato un Ramen servito praticamente in un bicchiere.
Rileggo il post. E’ diventata praticamente una guida su dove mangiare a Roma.
Quindi per dare un vago equilibrio vi metto una tappa che ho scoperto cercando qua e là: Galleria Sciarra, a due passi dalla fontana di Trevi, è un passaggio pedonale tra due palazzi. Decorazioni liberty per un palazzo che (insieme al teatro Quirino accanto) nacque tra il 1885 e il 1888 come cortile estremo del palazzo Sciarra Colonna di Carognano, nella fase di ristrutturazione della nuova capitale.
Il punto è che Roma mi entusiasma come solo lei sa fare. E comincio a parlare di cibo e poi mi perdo tra le sue bellezze. Assaggio un piatto buono e poi mi perdo per le sue vie del centro.
Roma è entusiasmo, amore, bellezza. Concedetemi questa confusione.
6 Comments
Ma quanto sono fortunata ad averti incontrata?! <3
1 Marzo 2018 at 18:02Wow.. avete mangiato benissimo!
9 Marzo 2018 at 11:45Che bel weekend che deve essere stato 🙂
un weekend settimanale davvero bellissimo <3
9 Marzo 2018 at 16:05Quanti ottimi consigli! Temakinho c’è anche a Milano se non erro, ne ho sentito sempre parlare benissimo!
10 Marzo 2018 at 15:52Un gran bel giro. Peccato per la pioggia, ma come dici tu, è stata la scusa per infilarsi in ogni museo o chiesa a curiosare 😉
11 Marzo 2018 at 21:42Questo weekend romano mi piace assai! Potrei quasi quasi copiarvelo 😉 Adoro i localini in cui siete state, sono proprio il genere di posticini che amo!
12 Marzo 2018 at 12:06