Su Seattle avevo aspettative altissime: l’ultima grande città che mi mancava di vedere negli Stati Uniti, immaginario cittadino rafforzato da decine di film e telefilm (sì, diciamolo subito che sono fan di Grey’s Anatomy), e i racconti di Gianni che sono sempre stati assolutamente coinvolgenti. La volevo vedere tantissimo.
Quindi nei quasi due giorni che abbiamo vissuto a Seattle ho cercato di concentrare praticamente tutto il concentrabile, e vi dico subito che “Emerald City” ha superato tutte le aspettative che avevo.
Quindi, ecco un itinerario davvero densissimo, un po’ di storia, molte curiosità, per il vostro viaggio a Seattle.
Due curiosità sul nome.
Seattle è conosciuta principalmente con il soprannome di Emerald City (città smeraldo), in riferimento agli alberi sempreverdi che circondano la città (nome che gli è stato dato negli anni ’80, dopo un concorso). Gli altri soprannomi sono “Gateway to Alaska” (la porta per l’Alaska, vista la quantità di crociere che partono da qui per andare nello stato più a nord degli Stati Uniti), “Rain City” (città della pioggia… visto quanto piove. Anche se in realtà piove meno che a Boston, Houston, Miami, New York e Washington DC) e “Jet City”, visto che qui ha sede la Boeing, la compagnia costruttrice di aerei.
Seattle è la città più alfabetizzata di tutti gli Stati Uniti (ha la più alta percentuale di residenti con un diploma universitario o superiore) e forse di conseguenza, il sistema della biblioteca pubblica di Seattle ha la più alta percentuale di titolari di tessera pro capite nel paese.
La città nel 1889 è stata rasa al suolo da un devastante incendio, e la “nuova Seattle” è stata letteralmente costruita in cima alla città vecchia. La città precedente può essere vista nel tour nei sotterranei della città.
Prendere o non prendere il Seattle CityPASS?
Il costo per me è un po’ un deterrente: 99 $ per gli adulti e 79 $ per i bambini (5 – 12 anni). Però facciamo un paio di conti.
Se si sceglie di fare le attrazioni davvero imperdibili, per esempio Argosy Cruises Harbor Tour (31 $) + Space Needle (32,50 il biglietto che costa meno) + Museum of Pop Culture (MoPOP) (30 $) il totale sarebbe 93,50. In realtà sono incluse due salite sullo Space Needle in 24 ore (una di giorno e volendo una serale), quindi il prezzo sarebbe 62 $, quindi diciamo che è già conveniente nel caso si voglia salire due volte.
Se però avete più tempo (almeno due giorni pieni), si può aggiungere anche l’Acquario (32,50 $), i Chihuly Garden and Glass (32 $) o Pacific Science Center (biglietto minimo 25 $) è ovvio che parte il risparmio. Quindi, se partite già con l’idea di fare solo due attrazioni è ovvio che non conviene, ma avendo più tempo (il Seattle CityPASS ha durata di 9 giorni consecutivi), è un ottimo affare. Il pass può esser acquistato direttamente sul sito o nella prima attrazione visitata. E’ comodo e un buon affare.
Dove abbiamo dormito
Seattle è cara: non dico a livelli di San Francisco ma come prezzi diciamo che non è come dormire nel deserto di Joshua Tree. Noi abbiamo dormito nella zona universitaria, in un alberghetto molto carino in un edificio storico, il College Inn. E’ molto carino e pulito (non ha il bagno in camera), ma come zona non ve la consiglio perché è veramente un po’ lontano da tutto.
Se non avete problemi di budget le zone migliori dove dormire sono Belltown (il cuore della zona con più attrazioni), Pike Market, Waterfront. Sono tutte zone centrali e molto belle per poter girare a piedi. Downtown e Pioneer Square sono più zone business, con hotel costosi e lavoratori in giacca e cravatta
Dove abbiamo mangiato
Colazione al Top Pot Donuts: super consigliati dalla Lonely Planet, ma fidatevi di una vera (purtroppo per la mia ciccia) esperta. Non sono niente di che, e costano davvero tantissimo. Per me bocciati.
Per fare colazione mi ero segnata tre posti:
- Al Pike Place Market, Daily Dozen Doghnuts (avevamo fretta e nel casino di piani diversi di Pike Place market non sono riuscita a trovarlo)
- Prendere un caffè al nel primo Starbucks (no, scusate, non ce l’ho fatta. C’erano circa 50 persone in fila. Era davvero troppo)
- Biscuit Bitch (non si sa bene perché alla fine sia saltato).
Quindi abbiamo ripiegato per Top Pot Donuts che per me è stato un fail.
Per pranzo siamo stati al Dick’s Drive In, la risposta di Seattle al più famoso In-n-out californiano. Semplice, senza fronzoli, davvero un buon hamburger se ti piace l’old style (niente salsa all’aroma di tartufo e margherite, tanto per capirsi).
Un altro posto che avevo segnato dove mangiar era al Pike Place Chowder, dove fanno la famosa zuppa di vongole cremosa (che io personalmente adoro).
Per cena abbiamo optato per un ristorante malese: eravamo già orientati al Kedai Makan, ma le file infinite ci spaventano sempre. Essendo ancora sballati dal fuso non ci è sembrato troppo strano metterci in fila alle 16:45 per cenare. Mi viene da urlare un gigantesco “MENO MALE”. Il ristorante non è tanto grande e si formano subito code lunghissime per entrare. Col senno di poi dico che farei la fila, perché il ristorante è buono da impazzire (il loro Roti è da 10 e lode), prezzi ok, molto gentili. Stra promosso.
Itinerario giornaliero passo dopo passo (di corsa, ovviamente).
Space Needle
Non potevamo che partire che da lui, il simbolo assoluto di Seattle (sapete che avevano fatto un sondaggio, facendo vedere alla gente di Seattle lo skyline della città senza lo Space Needle e non sapevano riconoscere che città fosse?). Apre alle 8, quindi è una tappa perfetta per partire presto alla scoperta della città.
Prima di tutto, il biglietto (con doppia salita, una di giorno e una di sera dopo le 20) sono incluse nel Seattle CityPASS, altrimenti il costo è abbastanza elevato (35 $ per una salita singola).
La sua storia è decisamente affascinante: nel 1962 Seattle avrebbe ospitato l’Esposizione Universale, con il tema incentrato su come sarebbe stata la vita ne 21° secolo: ecco perché una costruzione futuristica (sembra un disco volante) è stata la scelta vincente per quello che è diventato il simbolo assoluto della città.
L’idea è nata dal signor Edward E. Carlson (che era uno dei finanziatori dell’esposizione universale) che ispirato dalla torre di Stoccarda aveva disegnato su un tovagliolo una specie di pallone legato in cima ad una torre… Unita alle competenze dell’architetto John Grahm, che ha pensato al disco volante (e probabilmente a capire come non farlo cadere).
Forse la parte che mi ha sbalordito di più è che hanno impiegato solo 400 giorni circa per costruirlo. Per chi non lo sapesse, il disco in parte ruota e 360° e ospita un ristorante, con una vista davvero a tutto tondo su Seattle.
A titolo informativo: è alto 184 metri e pesa 9.550 tonnellate (fate conto che una fiat 500 pesa poco meno di una tonnellata: lo Space Needle pesa come 10.000 fiat 500 tutte insieme). E’ (fortunatamente) così pesante che può resistere a venti fino a 320 km/h, resistere a terremoti fino a magnitudo 9.1 (il terremoto di Fukushima forse non lo avrebbe abbattuto) e ha 25 parafulmini. Quindi, salendo, possiamo stare sereni. La salita dura 41 secondi e su un ascensore trasparente. Veloce e affascinante. Ovviamente è una tappa che non va persa.
Waterfront
La zona della passeggiata in riva al mare è davvero molto carina: negozietti lungo i Pier (magliette costose e maledettamente carine): noi siamo passati a guardare gli orari del ferry boat, abbiamo fatto una breve passeggiata e siamo andati a piedi al Pike Place Market.
Pike Place Market
E’ veramente bellissimo. Un mercato che unisce cibo, fiori, posticini in cui mangiare, venditori locali, bancarelle di spremuta bio-fashion-kombutcha a 10 dollari e panini cicciosi a 3. E’ incasinato, mischia decine di odori e profumi, carne, pesce, griglia e pop corn. Adorabile.
Sulla via che si affaccia sul Pike Market c’è il celebre primo Starbucks. Lo vedrete, per forza. La fila è mostruosa. E’ carino perché il logo è ancora quello vecchio (la sirena è meno stilizzata ed è ancora marrone, non verde)… E io volevo andarci perché Gianni anni fa mi aveva comprato qui la tazza di Seattle che custodisco gelosamente. Ma la fila mi ha fatto desistere.
In realtà col senno di poi la fila l’avrei fatta, ma per un posto lì accanto chiamato Piroshky Piroshky, che tutti dicono serva dei Piroshky veramente spaziali.
Se non vi fa schifo scendete al piano inferiore del mercato, trovate lì il disgustosamente celebre Gum Wall: un muro pieno zeppo di gomme da masticare. Ovviamente potete lasciare il vostro appiccicoso passaggio.
Argosy Cruises Harbor Tour
Controllate sul sito (o durante la passeggiata al Waterfront) gli orari della crociera: dura un’oretta ed è tutta guidata. Passa per tutta la costa, la zona da dove partono tutte le crociere per l’Alaska, il mare aperto… Insomma, un’infarinatura di costa molto carina. Il costo (se non si prende il Seattle CityPASS) è di 31 $ a testa per un tour di circa un’oretta.
Durante la traversata si passa davanti ad un “abbastanza anonimo hotel” che si affaccia sull’acqua. Nel 1962 Per la Seattle Words fair nella stanza 272 nell’Edgewater Hotel sono passati anche i Beatles, ed è rimasta famosa la loro foto che pescavano dalla finestra. A onor di cronaca, da vera fan dei Beatles, ricordiamo che Seattle è stata la prima città degli Stati Uniti a suonare una canzone dei Beatles alla radio.
Dopo il tour con il ferry boat (scusate, ma quando scrivo ferry boat io penso sempre e solo a Derek Shepherd), abbiamo puntato diritto verso Dick’s drive in per un hamburger. Prima però ci siamo fermati da Amazon Go, uno dei negozi sperimentali senza cassiere di Amazon. In pratica entri, scansioni la tua app Amazon go, ficchi le cose nello zaino ed esci.
Ti arriva poi l’addebito sul tuo account Amazon, a è un’esperienza curiosa, perché entri ed esci senza pagare, ti infili le cose in tasca e vai. E funziona. E’ una cavolata, ma è un’esperienza decisamente curiosa.
Dopo mangiato abbiamo ricominciato il tour de force. La prima tappa del pomeriggio l’ho scelta io.
La casa che in Grey’s Anatomy è la casa di Meredith Gray (e praticamente di tutti in un momento o l’altro delle innumerevoli stagioni). Nel telefilm si trova al 613 di Harper Lane, ma ovviamente non esiste. La casa si trova nella zona storia di Queeb Anne Hill, precisamente al 303 di Comstock Street.
Ovviamente hanno giustificato dicendo che è la casa della madre di Meredith, altrimenti sarebbe stato un po’ improbabile che un tirocinante con un mega debito per gli studi avesse potuto permettersi una casa da 1.3 milioni di dollari con 4 camere da letto. Il quartiere è carino, ma la casa è privata (e i proprietari come sempre) non sono contenti di avere persone che vanno lì intorno a vedere la casa.
Altre location di Grey’s Anatomy in città sono queste (purtroppo è quasi tutto girato in studio a Los Angeles):
- Molti esterni del Grey – Sloan Memorial Hospital sono stati girati al Fisher Plaza, che è un vecchio centro commerciale.
- Ogni tanto i protagonisti si ritrovano a bere un caffè guardando il paesaggio sopra Seattle: sono al Kerry Park, nella zona bassa di Queen Ann Hill (la collinetta dove c’è la casa di Meredith). E’ una delle location migliori per guardare lo Skyline.
- Molte riprese dell’atrio dell’ospedale sono state fatte… In aeroporto. Sì, dentro l’atrio del Seattle Tacoma (la grande vetrata dall’esterno è quella dove hanno sparato a Derek).
- Come accennavo prima, se si parla del “dottor Stranamore” (sapete che in inglese lo chiamano McDreemy?), non si può che fare un giro sui ferry boat che lui ama tanto.
Dopo la casa di Meredith abbiamo fatto uno stop proprio a Kerry Park, che è anche uno dei posti migliori dove fermarsi a guardare il tramonto. La vista affaccia su tutta Elliot Bay, e se uno è fortunato (e la giornata è pulita) si può vedere fino al Mt. Rainier. Merita anche più di uno stop, con le diverse luci del giorno.
Bill and Melinda’s Foundation
Anche se non vi interessa, vi consiglio di fare uno stop in questo “museo” (è più una fondazione interattiva), creata ovviamente dai signori Gates, che hanno deciso di cedere praticamente il 98% dei loro soldi (e gliene sono rimasti davvero molti molti molti) a progetti umanitari in paesi depressi, principalmente in Africa. Portare acqua, educare all’agricolutra, capire come investire i fondi. Sembra incredibile ma non è assolutamente un posto che celebra le loro figure, anzi. E’ un enorme spazio di sensibilizzazione.
MoPOP (Museum of Pop Culture)
Tappa assolutamente imperdibile nel vostro stop a Seattle.
Precedentemente chiamato EMP Museum (experience Music Project), è un museo no profit dedicato alla cultura popolare contemporanea ed è stato creato dall’altra metà di Microsoft, Paul Allen, nel 2000.
Partendo dalla struttura architettonica futuristica creata da Frank Gehry (si vede benissimo anche dallo Space Needle), entrando nel museo ci si immerge in un’esperienza multisensoriale per tutti i gusti. Dalle sale di approfondimento di moltissimi musicisti (anche se non sono una sua fan ho adorato la sezione dedicata da Jimi Hendrix, che era nato appunto a Seattle… C’è anche il suo passaporto!), dai Nirvana a Prince.
Ci sono sezioni dedicate ai film horror, ai videogiochi, alla musica al fantasy e alla fantascienza. Tranquillamente si può passare un lungo e interessante pomeriggio senza annoiarsi mai.
Dopo il museo siamo andati a cena (prestissimo) al ristorante malese sopra citato (Kedai Makan): un 10 e lode e una grande voglia di tornare.
Dopo cena (anche perché erano circa le 18:30) siamo andati – ovviamente – a scoprire una libreria famosissima: The Elliot Bay Book Company, una bellissima libreria indipendente aperta dal 1973.
La libreria si trova a Capitol Hill, senza ombra di dubbio il quartiere più hipster – giovane – high tech e culturalmente vitale di tutta la città. E’ la zona LGBT, la sede di eventi come il Block Party (un gigantesco festival musicale) o la Pride Parade. E’ sede di centinaia di negozietti adorabili, strisce pedonali multicolor, microbirrifici che producono birre dai sapori strambi e caffè dai prezzi improbabili. Però è davvero molto molto carina come zona.
In realtà più mi informo su Seattle, più mi rendo conto che per vedere tutto quello che avrei voluto vedere, sarei dovuta rimanere una settimana. Almeno.
Per esempio qui a Capitol Hill avrei voluto vedere un film all’Egyptian Theatre, un vecchio teatro che propone film in lingua straniera, film indipendenti, classici restaurati e documentari. E’ stato costruito nel 1915 come tempio massonico, negli anni ’70 è stato usato come arena per il Wrestling e dal 1980 è stato usato le il Seattle International Film Festival (SIFF), tornando ad essere un teatro, con un design di interni ispirato all’antico Egitto. Il festival c’è ancora oggi ed è forse il più grande festival cinematografico del Nord America.
Questo è tutto quello che siamo riusciti ad incastrare in un giorno, però non posso evitare di inserire l’elenco degli “avrei tanto voluto vedere”, che a Seattle sono davvero moltissimi. In questo modo se avrete più tempo di me, potrete infilarceli dentro senza problemi.
- Living Computers: Museum + Labs. Ok, è una cosa da nerd, ma avrei tanto voluto vederlo. Anche questo museo è stato creato da Paul Allen, per preservare la “memoria storica” e comunque l’evoluzione dei moderni computer. Il museo da fuori è piuttosto anonimo, ma dentro è davvero una perla. Ha pezzi veramente vecchissimi e la parte più divertente è che possono essere provati.
- Columbia Tower Observation Deck: in punto più alto da cui vedere la città (e lo Space Needle che sembra minuscolo in confronto): con i suoi 275 metri di altezza è il punto di osservazione più alto della costa ovest (è alto 73 piani). Il biglietto costa 20$
- Gas Works Park : è un parco pubblico (le dimensioni sono enormi, circa 77.000 mq (quasi 12 campi da calcio) che si trova sul sito del vecchio impianto di gassificazione della ex Seattle Gas Light Company e dietro ai campi verdi si trovano i resti dell’unico impianto di gassificazione del carbone rimasto negli Stati Uniti. L’impianto è stato attivo dal 1906 al 1956, ma è stato trasformato in un parco pubblico nel 1975.. Il parco è stato aggiunto al Registro nazionale dei luoghi storici il 2 gennaio 2013, più di un decennio dopo essere stato nominato.
- Bere un drink sulla Smith Tower. Un vecchissimo grattacielo di ben 38 piani che si trova in Pioneer Square. In confronto agli altri è diventato “piccolo”, ma per anni (è stato completato nel 1914) è stato uno degli edifici più alti della costa ovest. Ok, voglio andarci perché mi fa tenerezza.
- Vedere il Fremont Troll che “vive” sotto l’Aurora Bridge, scolpito da un gruppo di artisti locali.
- Visitare le San Juan Islands: questa voglia me l’ha messa addosso la Claudia Vannucci, quindi andate a leggervi tutti i suoi post a riguardo.
- Fare uno stop sulla tomba di Bruce Lee. Dai, almeno per un saluto.
- A Georgetown si trovano il più grande paio di stivali texani di tutti gli Stati Uniti e ovviamente anche il gigantesco cappello che di solito li accompagna. Originariamente parte di una stazione di servizio a tema Cowboy negli anni ’50, gli Hat ‘N’ Boots sono diventati un simbolo del quartiere di Georgetown, precisamente dentro Oxbow Park.
- Vedere l’OBAMA, il Seattle’s Official Bad Art Museum of Art. A nord di Seattle, Si trova all’interno del Cafè Racer e raccoglie una grande quantità di dipinti orrendi e pezzi d’arte davvero schifosi. Anche il cafè e il barbiere che ci sono all’interno, pare siano davvero uno spettacolo. Lo so, ho un po’ il gusto dell’orrido, ma adoro queste cafonate.
2 Comments
Nella mia Seattle c’è stato tanto Grunge e pochissimo Grey’s Anatomy: sono proprio una “ex ragazzina” degli anni ’90 e quella città ha significato molto per me. Io ho adorato la cucina asiatica in città. E ho trovato un hotel molto ben tenuto e comodo, a un costo quasi incredibile per gli USA. Ti passo il nome.
19 Agosto 2019 at 9:20Sono stata Seattle lo scorso anno. L’aspettavo e desideravo da tanto e, non solo non mi ha deluso, bensì mi ha conquistato ancora più di quanto credevo fosse possibile.
E’ una città scenografica da matti, acculturata, verde, frizzante… E’ tutto quello che potevo desiderare e molto di più.
Ho visitato i quartieri periferici (Freemont e West Seattle mi hanno lasciata senza parole), ho bevuto il caffè nel primo Starbuck, dormito in Belltown (che confermo essere un punto strategico), sono salita sul grattacielo del Columbia Building, ecc…. Insomma, ho fatto tutto e ancora più di tutto.
Non vedo l’ora di tornarci e le idee per inserirla in qualche prossimo on the road ci sono già. Magari lascio passare qualche anno però perchè, credo, una città così vivace, chissà che sorprese può riservare tra qualche tempo…
Bellissime foto!!!
Elena
19 Agosto 2019 at 13:38