Non mi piacciono gli hippie. Putroppo (per loro) ho sempre aggiunto alla definizione di hippie le due paroline “del cazzo”, quasi come fosse un cognome, che deve andare di pari passo.
Non mi piacciono gli hippie ma sono follemente affascinata da tutto quello che è successo negli anni ’60 e ’70, da Woodstock, alla Summer of Love alla musica di quegli anni (la mia playlist è così antimoderna che rasenta il “ma stai scherzando?”). E così, mi leggo biografie cercando riferimenti su internet di facce e mettendo nelle orecchie la colonna sonora citata.
Poi amo San Francisco. Ve l’avevo detto vero? Forse quelle 90 mila volte. Andare a caccia di pezzi di storia lungo Haight-Ashbury mi rende sempre felice come una bambina dal gelataio (soprattutto se è Ben&Jerry’s, i due hippie che sono partiti proprio da lì a costruire un impero del gelato… Buonissimo, e la fabbrica è uno spasso!).
Paola Annoni
Lo ammetto, ci vergognavamo un po’. Formentera a Ferragosto. Dopo che tutti ci hanno chiesto che cavolo facessimo a Formentera nella settimana centrale di agosto quando praticamente mezza Italia si sposta sulla minuscola isola delle Baleari, abbiamo dovuto dare spiegazioni.
Cosa ci facevamo lì? Siamo andati a trovare delle amiche che stanno lavorando sull’isola per la stagione estiva. Ci siamo accampati da loro per quattro notti e ci siamo adattati per fare un po’ di mare mentre a casa si schiattava dal caldo. Anche lì si schiattava, ma almeno avevi i piedi nella cristallina acqua del mare.
Ovviamente questa era l’unica opzione per andare là senza essere spennati. Quindi, ecco un po’ di consigli per andare a Formentera (e Ibiza) e non farsi spennare (o senza morire di fame).
Ribattezzerei questo post “Formentera per Povery”, cosa dite?
Islanda low cost: sembra un ossimoro. Viaggiare in Islanda è caro. Punto. Il post potrebbe finire qui (e dovrei aggiungere “mettetevi una mano sul cuore e cominciate a risparmiare per tempo”). Ma noi come abbiamo fatto? Allora, prima di tutto un consiglio: se è la prima volta che andate mettetevi in tasca la guida Viaggiautori. E’ fatta benissimo, vi spiega nei dettagli tutto e soprattutto vi dà dritte per non fare neanche un errore in viaggio. E’ scritta da due esperte, quindi fidatevi (io l’ho fatto). Se volete che vi aiuto in tutto e per tutto nell’organizzazione del viaggio, potete scrivermi qui (non è solo per gente che si sposa, eh!).
Il nostro viaggio è stato un po’ diverso, perché Gianni (ovviamente) c’era già stato: quindi abbiamo spinto un po’ sull’acceleratore, abbiamo girato tutta l’isola e visto anche i fiordi occidentali (saltando però il centro, anche perché senza il 4×4 ti perdi tutto il bello dell’off-road, oltre al fatto che non è fattibile e la compagnia di noleggio auto potrebbe metterti al rogo con tanto di torture ispirate a Games Of Thrones).
Quindi in questo posto trovate tutto quello che vi può servire per organizzare il viaggio in Islanda low cost ma godendovela al massimo. C’è la sezione consigli, quella sugli alloggi e su come organizzare il viaggio.
Stranamente la sezione cibo è piuttosto scarna: abbiamo mangiato fuori così poche volte che quasi non sono rilevanti. Come si sa, amiamo provare i piatti tipici e le usanze locali, ma per uscire a cena spendendo 70 € per mangiare così cosà, allora preferisco andare in un ristorante stellato in Italia (buuuu, fischi, insulti. Evabeh).
L’anno scorso allora ho deciso che era tempo di superare questa cosa e con le mie amiche abbiamo organizzato un addio al nubilato lì (oh, non il mio eh!). E mi sono riavvicinata a questa zona senza pregiudizi.
Quindi. Ecco 5 motivi per andare in zona Venezia anche se storcete il naso. Ve lo faccio passare, promesso.
1- Il tour dei bacari. Quando sono andata ho messo insieme questo post di Liz e questo della Chiara e ho fatto la mia selezione su una mappa itinerario cliccabile con il meglio (fa abbastanza ridere la nota “se ci perdiamo, ci troviamo alla tappa successiva!”). E’ da pazzi, lo so. Ma volete o no il meglio del meglio? Per gli ignoranti come me in tema veneziano, vi dico che i cicchetti sono tipo le tapas spagnole: “assaggini” da accompagnare a bicchieri di vino… Non i grappini o i bicchierini di amaro dopo cena. Il tour dei bacari lo fai in zone meno turistiche, e la sera tutto ti sembra magico.
2- La quantità di cose da poter fare gratis, alla faccia di chi dice che Venezia è maledettamente cara (sì, è cara). Oltre a tutto quello che è semplicemente cittadino e bellissimo ci sono diversi eventi davvero belli e interessanti nei posti più impensabili. Per esempio. Sapete che a Marghera (sì, a due passi dalla bella Venezia) è in corso un fighissimo festival Jazz e non solo? Nave de Vero In Jazz è un festival che ha visto sul palco (gratuito eh!) gente del calibro di Fabrizio Bosso (il 13 luglio), Al McKay’s degli Earth, Wind & Fire e Dee DeeBridgewater (maledizione, ero via il 21 luglio!). L’ultima data che resta, domani 28 luglio è Richard Galliano, virtuoso italo francese della fisarmonica che festeggia i 30 anni di carriera. Lui, erede diretto di è decisamente emozionante (se non sapete chi sono questi due, cliccate questo video: al minuto 1:44 tutto vi sarà chiaro, perchè tutti hanno sentito almeno una volta Libertango). Tutte le info su questo festival le trovate qui, e se siete in zona, vi consiglio di andare.
3- La libreria Acqua alta: anche se odiate i libri, non potrete non rimanere a bocca aperta in questo posto magico dove i gradini sono fatti di libri e ti sembra di aver fatto un passo indietro nel tempo ed essere finito in un romanzo.
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Trekking in Islanda: Laugavegur. Da Thórsmörk a Landmannalaugar, l’hike più bello del mondo.
Ho fatto mille camminate con la parrocchia, ho dormito sui sassi con gli scout e mi son lavata nei fiumi. Non viaggiamo mai troppo comodi per una questione di budget, ma una sfacchinata come il trekking che da Þórsmörk o Thórsmörk porta a Landmannalaugar (“Laugavegur”, il sentiero delle sorgenti calde), vi giuro che non l’avevo mai fatta.
Londra non si ferma. Londra è quell’immagine di un tizio che scappa dall’attentato con una birra in mano. Il miglior modo per affrontare tutto quello che sta succedendo è riportarvi là, ripartire con un itinerario, una passeggiata insolita nelle viette di Notting Hill. Dopo aver letto questo post di Expedia sulle passeggiate, sono tornata in quel quartiere che ho amato da subito: ammettiamolo, il suo fascino non lo perde neanche se il mercatino di Portobello è diventato una bruttura per turisti e i negozi di souvenir rubano spazio a quelli vintage. Ma le porticine colorate, il negozio di mappe, i colori tenui e i vialoni alberati. Vi sfido a non dire almeno un paio di “ooooh”.
Atlanta è una città di atterraggio e passaggio, che suona con i ritmi del sud e le parole dei discorsi di Martin Luther King, ma ai miei occhi con davvero un basso appeal. Non ci posso fare niente. Quando penso a me negli Stati Uniti, vedo sempre una maglietta che ho comprato a Gianni quando ero a San Francisco, con un profilo degli Stati Uniti e una freccia con una scritta: “west coaster”. Forse amiamo le cose che conosciamo.
Gli albori dell’aviazione: due musei e un libro. Omaka Aviation Heritage Center e Tuskegee Airmen
La paura di volare è come l’ombra di Peter Pan che mi segue in ogni viaggio: i giorni prima di partire sono insofferente, in volo sono tesa come una corda di violino.
Ma è l’unica paura che mi affascina e che cerco di conoscere: la vedo sempre come essere sul bordo di un precipizio se soffri di vertigini. Tipo la paura di striscianti e insetti vari la tengo ben lontana.
Quindi leggo, e sono totalmente affascinata dalla storia dell’aviazione (aggiungiamo questo all’elenco delle mie nerdate), e quindi ho sempre voluto parlare di un posto meraviglioso in Nuova Zelanda, a cui adesso posso mettere accanto un altro scoperto in questo ultimo viaggio.
Il posto in questione di chiama Omaka Aviation Heritage Center, si trova a Blenheim nel Marlborough, in Nuova Zelanda (lo so che è giù di mano eh!).
Allora, prima di tutto c’è da dire una cosa: questo museo è la collezione privata ed è stato allestito da Sir Peter Jackson. Sì, proprio quello che ha creato la versione cinematografica del Signore degli Anelli (il link vi porta al post con tutte le location!), King Kong e fantasticherie varie.
Mi capita spesso di pensare a quanto l’essere nata nel 1983 sia stato un momento di assoluta transizione tra il prima e il dopo.
Essere nati negli anni ’80 significa che l’infanzia era fatta di telefonate a casa, di “salve sono la Paola, c’è la Martina?”, di citofoni suonati e fughe velocissime, di gite fatte senza cellulare e viaggi senza le cinture. Perché sulla Diane di mia mamma, proprio non c’erano le cinture.
Le ricerche le facevamo in biblioteca e copiando dall’infinita enciclopedia blu di mio nonno, da cui prendevo sempre informazioni e il volume di WXYZ lo guardavo sempre con il dubbio. Cosa ci sarà scritto? Ma che inutile!
I nostri nonni avevano fatto tutti la guerra, avevano tutti qualche racconto di partigiani da raccontare: le montagne, le donne che facevano le staffette, quella polenta mangiata tutti i santi giorni (e cara grazia che c’era quella).
Mio nonno ha fatto la guerra e non ne ha mai parlato. Poco. Pochissimo.
Tornare a Nashville è strano. E’ uno di quei posti in cui non pensavo sarei mai tornata. O meglio: era nella lista di quelle città dei ricordi, con una patina mitica, uno di quei posti da “mi piacerebbe tornarci”, ma in fondo sai che non ci passerai mai più da quelle parti. E poi torni.
Rivedi dove hai parcheggiato l’altra volta, le cose rimaste uguali, quelle diverse.
Sa di familiare e allo stesso tempo nuovissimo. Quindi, ecco le cose nuove fatte in città, che mi hanno fatto dire ancora “quanto vorrei tornarci a Nashville…”. Perché se tanti posti quando li rivedi perdono un po’ la loro patina mitica, questa città dal sapore country ha saputo riconquistarmi ancora.
Questo elenco è anche un “itinerario di un giorno e mezzo” se i punti li mettete tutti in fila: praticamente è un tour tipo quelli di Anthony Bourdain che resta in una città 48 ore (mangiando per 24, più o meno).
Eccoli!