Quanto può essere infelice e allo stesso tempo grandiosa una stessa idea?
USA
Sveglia puntata alle 5:45 del mattino. Colazione alle 6. Andrea che fa i turni non fa una piega (spesso la sua sveglia è puntata sulle 3 del mattino), gli altri sono leggermente provati. Io tengo botta, anche perchè andando a letto alle 10 sono sempre più di 7 ore di sonno. Litri di caffè per cercare di scongelarci visto che il termometro è fermo sui -15 gradi. Meno quindici. E siamo in New Mexico, mica in Alaska.
Primo gennaio duemilatredici. Apro gli occhi ad Alamogordo. Cittadina inutile del New Mexico dove la cosa più avventurosa da fare è andare a mangiare gratis dei pistacchi e farsi fare le foto sotto il pistacchione gigante. Ma c’è White Sands lì vicino, e questo basta. Oltretutto cominciare l’anno dispersa da qualche parte è davvero piuttosto figo.
Dal bianco della neve al bianco della sabbia… Chiricahua e White Sands
Apro gli occhi e sono giá emozionata. Oggi si torna a white sands e non riesco a capacitarmi che dopo soli 6 mesi sono ancora in uno dei posti più splendidi e stupefacenti in cui ho avuto la fortuna di mettere piede. Le ore di macchina sono tante, il tempo instabile (mettono addirittura neve!) ma oggi non è la strada che conta, è l’obbiettivo finale.
Per non farci mancare nulla, perchè i tempi non sono poi così stretti e dato che è a solo una cinquantina di km da Willcox infiliamo una deviazione ad un altro parco: il Chiricahua National Monument. Zona di strane e cilindriche formazioni rocciose dai vertiginosi equilibri (cilindri più o meno grandi “appoggiati” in maniera quasi scomposta… In pratica come una pila altissima di pancake dal diametro diverso a casaccio uno sull’altro). Nevica. Ecco quello che non mi aspettavo di trovare nel sud degli Stati Uniti: neve!
Sveglia all’alba quando la luna è ancora alta e in giro, ci siamo solo noi. Sto disperatamente cercando di disintossicarmi dal caffè e in queste situazioni è difficilissimo, riempirsi un bicchiere delle dimensioni di un vaso da notte di quella meravigliosa bevanda.. Ok, è chiaro che sono in estrema crisi d’astinenza. Cerco di calmare le mie brame di caffè con un’altra delle mie passioni perverse: gli oatmeal. Per chi non sapesse cosa sono è una specie di muesli da mangiare con il latte caldo. Il risultato è più o meno è come il pastone per il cane ma sa di mela e cannella e quindi a me piace. E poi c’è chi si butta su montagne di uova sode!
Ancora devo finire tutti i racconti dell’estate, correggere le bozze e finire i post e sono ancora qui, LA, California, welcome back in United States. Questo giro si vola Iberia: ok che mia madre è patriottica e che l’Iberia è compagnia di bandiera e che di aerei ne sono caduti pochi… Ma la Virgin Atlantic le fa una pippa. Alla grande. Almeno cambiate le copertine da marrone (che fa tanto coperta trovata in fondo all’armadio della pensione Mariuccia di Miramare) a un colore un po’ più vivace, almeno per risollevare l’umore. Stewart gayssimo e bambini rompicoglioni, per fortuna mi salva il Kindle, in questo caso le mie letture si sono alternate tra Severgnini (“La pancia degli italiani”, consigliatissimo) e, beh, Fabio Volo. Dai, ogni tanto ci sta.
Memphis e Elvis. Memphis È Elvis.
Se penso un’immagine da collegare alla città mi viene in mente un menu di un vecchio diner, dove i piatti sono quelli di una volta, che fanno rifanno e strafanno: un menu strapieno di voci, impiastricciato di ditate di unto, in un locale dove gli avventori prendono sempre solo tre o quattro cose. Eppure Memphis mi è piaciuta. Mi ha lasciato strane sensazioni addosso. Mi fa sorridere ma forse era l’odore della città e il suo colore che mi ha lasciato più il segno. Memphis è in Tennessee, anche se il Tennessee non è solo Memphis o pubblicità di vecchi che si dondolano sorseggiando whiskey (anche se conosco un paio di persone che credono che sia la marca del Jack Daniel’s), fried chicken, cornbread e imitatori di Elvis. Cioè, anche.